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venerdì 21 marzo 2014

Diventare scrittori: la scalata verso il successo.

Diventare scrittori, si sa, è una questione di pazienza, molta pazienza, a volte così tanta che ci lasciamo le penne prima di essere riusciti a raggiungere il nostro scopo.
Ma ci sono metodi utili per dover avere meno pazienza? Strategie che ci possono aiutare ad "arrivare" più velocemente?



Tempo fa vi avevo parlato di un modo interessante per diventare scrittori affermati, vi avevo anche detto che avremmo ripreso l'argomento, eccoci qui.
Oggi, infatti, vi parlo di un altro metodo, quello che va per la maggiore in Italia (anche a causa delle nostre strutture sociali e soprattutto mentali che regnano incontrastate dai tempi dell'impero romano).
Questo metodo è quello che io chiamo "la scalata verso il successo".
Non che gli altri metodi non siano a loro volta scalate, chiaro, ma questo ha insito in modo molto radicato il concetto di arrampicata verso la "vetta".

Il post di oggi tratta diversi aspetti: il rispetto, l'opportunismo, gli arrampicatori sociali, il lecchinaggio e molto altro. Quasi nessuno in modo esplicito (forse), ma sappiate che tutti questi elementi ci sono e aleggiano... se vorrete vederceli, non sbaglierete di certo.

Tutto ciò farà sentire in colpa e in "torto" molti dei miei colleghi scrittori che lo applicano senza ritegno (anche se sappiamo che TUTTI si guarderanno allo specchio e diranno "no, ma io non faccio così", solite storie).

La verità è che io non penso male di chi fa così, credo che per arrivare ai propri obiettivi ognuno sia libero di scegliersi la propria strada e il fatto che la "massa" prenda una sentiero codificato e dai risultati tutto sommato "certi", non rende la loro una scelta sbagliata.
La vita è fatta di questo, infine: degli obiettivi che ci poniamo e dei mezzi che abbiamo e/o che siamo disposti a usare per raggiungerli.




Comunque, banalmente, questo secondo metodo è quello di coltivare gli agganci giusti.
Cioè? Significa che io, aspirante scribacchino, comincio a lisciare il pelo di tutte le persone/figure che possono aiutarmi e spingermi a fare il prossimo gradino della scalata.
Quindi compro i libri di scrittori a me potenzialmente vicini (come stile, genere e possibilità di incontro), vado alle loro presentazioni e ai loro eventi, faccio tanti complimenti, dico loro che sono dei maestri di stile e di contenuti, bla bla bla.
Come dicevo prima, è un meccanismo che in Italia funziona sempre molto bene, e non solo in ambito scrittura.
Una volta instaurato un certo tipo di rapporto tendente al piacevole e confidenziale, quello che mi aspetto in ritorno è che tale persona che io "idolatro" mi riconosca effettivamente come proprio adepto e mi aiuti, spingendomi nei canali giusti per arrivare dove voglio arrivare.

Piccola parentesi, in Italia sapete che funziona tutto a gruppi chiusi, quindi dovete sapere che gli scrittori da un certo livello di fama in su (sottolineo fama, NON abilità, nel senso che non sempre le cose vanno di pari passo, in Italia abbiamo scrittori noti che sono davvero davvero molto bravi, ma NON tutti, ecco, e nemmeno la maggior parte, secondo me) si ritrovano anche a fare da giurati ai concorsi letterari, a fare da curatori di collane per case editrici anche grosse, eccetera.
Questo a prescindere dalle loro conoscenze tecniche (dovete sapere che c'è gente, anche brava, che non ha la minima idea di come si strutturi un testo, hanno una specie di talento che permette loro di compiere le scelte giuste ma nulla più... cioè, non è poco avere questo talento, ma serve a essere bravi scrittori, non bravi giudici), dalle loro abilità di marketing e strategia (fondamentali per gestire una collana di un editore, che è come dire gestire una branca di una società), eccetera.
Chiusa parentesi.

Nell'era dei social network, certi tipi di comportamento sono sempre e sistematicamente sotto gli occhi di tutti. Aspiranti scrittori (parlo al maschile per comodità, ma sono per la parità, gli stessi comportamenti li portano avanti anche le signorine, forse anche più dei signorini, o forse solo con più successo, chissà) che giorno dopo giorno taggano il tale scrittore che hanno tra i contatti in mille status, fotografie, condividono con lui i propri "successi", eccetera.

RIPETO: non c'è nulla di male, questo post NON è un attacco a chi fa così, è solo un tentativo di spiegare un metodo molto utilizzato per cercare di scalare una delle montagne più ripide del nostro Paese.

Ora si può parlare del rispetto, che è banalmente il motivo per cui questo approccio non fa per me e per chi la pensa come me.
  • Non bisognerebbe idolatrare nessuno. Una cosa che mi dà fastidio dell'Italia è che la gente, una volta che fa un paio di gradini sulla scala della notorietà, viene idolatrata... la stessa gente che fino a due giorni prima non se la filava nessuno.
    Questo è sbagliato e nessuno riuscirà mai a convincermi del contrario. Lo accetto come dato di fatto ma non sarò mai d'accordo.
Io so che le persone non cambiano molto, se uno era uno stronzo prima, lo sarà anche dopo essere diventato "famoso" (anzi, probabilmente lo sarà anche di più), se uno era una persona cortese, educata e umile, forse lo sarà anche dopo la fama.
Io sono la stessa persona che ero prima di iniziare a scrivere e rimarrò la stessa persona anche quando arriverò a grossi traguardi importanti. Se così non fosse non mi piacerei.
  • Il rispetto, le persone se lo devono guadagnare. In ogni ambito, non solo nel mondo della scrittura. Puoi aver venduto 1084 fantastilioni di libri (ditemi che l'avete capita, mi farebbe piacere sapere che un sacco di gente ha letto topolino da piccola), essere sempre nei salotti letterari a darti un tono, ma se per me scrivi col culo, il giorno che ci incontreremo e mi chiederai un'opinione, te la darò in modo spassionato.
Ci sono scrittori sconosciuti che scrivono meglio (MOLTO meglio) di tantissima gente affermata e, banalmente, li rispetto più delle loro controparti note.
Io sono andato a presentazioni di libri di autori sconosciuti a millemila km da casa mia e non sono andato da autori noti che non mi piacevano anche quando presentavano in librerie raggiungibili a piedi.

Ci sarebbero altri punti, ma sono poco rilevanti ai fini del discorso.

Per chi mi avesse tra i contatti su facebook, ieri ho scritto uno status che diceva circa così:

"Se avessi voluto degli amici, avrei aperto una casa editrice"

Beh, era il modo sintetico per esprimere quello che penso riguardo questa realtà.

Prescindendo un pochino dall'ambito editoriale, questo è qualcosa che ci è capitato, ci capita e ci capiterà sempre.
Essere circondati da persone che ci curano solo perché possono ottenere qualcosa da noi è una delle cose che mi rendono sempre un po'triste.
Nell'editoria è quasi la regola, editori e direttori editoriali che hanno schiere di scendiletto e lustrascarpe, disposti a indossare una maschera tutto il giorno tutti i giorni pur di arrivare a pubblicare qualcosa.
Fermo restando il discorso che un comportamento del genere è comunque un mezzo per arrivare a un fine (e quindi una strategia comprensibile), concludo chiedendomi e chiedendovi...
Facendo così, arrivate a guadagnare qualche pubblicazione, magari con editori piccoli, ok, l'abbiamo capito. Ma in ogni "operazione", accanto a ciò che si guadagna, bisogna considerare ciò che si perde. Parlo di noi stessi (a meno che siamo davvero dei falsi, bugiardi ipocriti, cinici arrampicatori sociali), della fedeltà a ciò che siamo e a ciò che vogliamo essere, del rispetto che nutriamo per chi siamo tutte le volte che ci guardiamo allo specchio.
Quello che mi chiedo è:

Ne vale la pena?
Stiamo davvero guadagnando più di quanto stiamo perdendo?

Ai posteri l'ardua sentenza.


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