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mercoledì 27 novembre 2013

mettersi con uno scrittore horror è come chiedere a un ingegnere di curarvi le emorroidi

Buongiorno, dopo i post dal tono più serio degli ultimi giorni, riprendiamo con i toni a cui vi stavo abituando.
Scusatemi se sono stato un po'assente ma, come vi dicevo qualche giorno fa, ho avuto qualche guaio in famiglia negli ultimi tempi, combinato a una quantità di lavoro indicibile.

Ma, una grande notizia:

Lo so, scrivo male. Per vostra fortuna le scritte nelle strisce saranno fatte coi font di sketchbook.








Comunque, di cosa parliamo oggi? Di professionalità.
"Ok, ma cosa intendi?" direte voi. Intendo di persone così professionali che vivono la vita in funzione del proprio lavoro e vedono tutto quello che passa loro davanti o che capita nelle loro vite attraverso la lente data dalla loro professione. Insomma, professionisti D.O.C.

Vi è mai capitato di essere all'asilo? E di dover andare al bagno? (o di avere un/a compagno/a nella stessa situazione? -viste da fuori certe cose si capiscono meglio-)
Succede sempre questo:
- Maestraaaaaa, devo fare la pipìììì.
Ora possono succedere due cose:
1) La maestra ha tempo per voi;
2) La maestra è in preda alle convulsioni da crisi isterica perché 30 bambini stanno cercando di suicidarsi in modi diversi e creativi: chi cerca di ingoiare tonnellate di colla, chi cerca di fare base jumping dalla libreria (rigorosamente senza paracadute, nuove frontiere di sport estremo), chi cammina su tappeti di lego (l'odierno camminare sui fuochi ardenti, perché l'uomo, col tempo, diventa sempre più sadico. Io preferirei camminare nella lava che su un tappeto di lego), chi prende per i capelli la biondina carina della classe e gioca alle olimpiadi, specialità "lancio del martello".

Partiamo dall'eventualità 2, succederà che voi (o il vostro compagno in crisi diuretica) vi urinerete bellamente nel grembiulino (si usa ancora il grembiule all'asilo?), impalati come degli idioti in mezzo alla classe mentre riproporrete, in scala, la tragedia del Vajont con l'ondata gialla che annega gli omini dei lego.
A questo punto voi non lo sapete ancora, ma il vostro destino è al 99% segnato (esiste una probabilità non nulla che, vista la tenerissima età, qualcuno si dimentichi che vi siete pisciati addosso, ma c'e sempre uno che non dimentica e che, mi dispiace, provvederà a che non lo faccia nemmeno il resto della comunità).
E intanto la maestra dovete sperare che si stia dibattendo a terra con le convulsioni, o che abbia nel cassetto solo forbici dalla punta arrotondata. La prospettiva di dover pulire la vostra pipì non credo proprio che la esalti.
L'insegnante è uno di quei mestieri che si devono fare per vocazione, solo ora me ne rendo veramente conto.

Ma il caso che interessa di più a noi è il primo, quello in cui la maestrapervocazione vi sorriderà e vi risponderà "ma certo, -appellativo tenero- vieni con me che ti insegno io come si fa" (tra l'altro, se decontestualizzata, sembrerebbe una non tanto velata minaccia).
"E cosa c'è di strano?" direte voi... all'apparenza nulla, MA (si, caspita, ci sono sempre questi straMAledetti MA), si sa, gli esseri uMAni aMAno le escalation.
Passano gli anni MA otto son lunghi e quella MAestra ne ha fatta di strada, MA (aaaargh, basta dai... prima che tra 10 minuti mi trovo i gentili signori della neuro sotto casa) non si scorda la sua prima volta, quando un bambino doveva urinare... la dove c'eeeera l'aula ora c'èèè...
Mi fermo, non siamo mica gente volgare.
(per chi non avesse capito la citazione, cliccare QUI)

Dicevamo, ESCALATION.
Quella maestra, molto convinta e molto professionale, ha cominciato a vedere il mondo attraverso il proprio lavoro.
Quindi ora, dopo questi otto anni, questo è ciò che succede nella sua vita:


Situazione ipotetica 1
Bambino: maestra, devo respirare per vivere?
Maestra: guarda, ti mostro io come si fa.

Situazione ipotetica 2
Fidanzato: aspetta un secondo, metto il preservativo
Maestra: aspetta, ti mostro io come si fa.

Situazione ipotetica 3
Nobel per la fisica: devo quadrangolare la statistica metastocastica del ugu gayfiuygifrt  iwyeufgefsiysd aksgagski.
Maestra: spostati, ti mostro io come si fa.

Situazione ipotetica 4
Alieno: devo riparare il motore interstellare della mia navicella spaziale, una tecnologia che voi avrete solo tra, forse, 3000 anni...
Maestra: passami gli attrezzi, ti mostro io come si fa.

Situazione ipotetica 5
Io: tesoro, aspetta un attimo che devo andare affanculo.
Maestra: fermo, ti mostro io come si fa.

No, questa non l'ho fatta io.


Le maestre, tuttavia, erano solo un esempio, vi ho preparato una serie di agili illustrazioni e ulteriori esempi che mostrano come in pratica tutte le categorie professionali possano essere colpite da questa sindrome DOC (che è l'acronimo di sinDrome da prOfessionalità aCuta, una brutta malattia, aiutateli inviando a me medesimo tutti i vostri risparmi per aiutare la ricerca, in omaggio una lettura del futuro utilizzando gli scontrini della spesa).

INGEGNERI.
Categoria terrificante.

ingegneri, non sono cattivi, è che li disegnano così.
Detto ciò, NON ANDATE MAI DA LORO A LAMENTARVI PER DELLE EMORROIDI.


I GIOVANNI MUCCIACCIA (o come ca**o si scrive)

Situazione 1
Persona: mio figlio sta male.
Muciaccia: hmmmmbéne, cospargetelo di abbondante acqua e colla vinilica.

Situazione 2
Persona: ho perso tutti i miei soldi in una truffa immobiliare.
Muuciccia: hmmmmbéne, cospargetevi di abbondante acqua e colla vinilica.

Situazione 3
Raul Bova: il mio pene non si erige più.
Mucciacia: hmmmmbéne, cospargetelo di abbondante acqua e colla vinilica.
Raul Bova: no, davvero, è un problema.
Muciacia: ora ritagliatene il contorno con delle forbici dalla punta arrotondata.
Raul Bova: ma sei pazzo?
Mcuiuacia: fatto? hhmmmbéne
Raul Bova: ho bisogno di una soluzione.
Muccia: ora copritelo con abbondanti strisce di carta igienica, fogli di giornale e carta assorbente, poi spennellate ancora il tutto con abbondante acqua e colla vinilica.
Raul bova: ebbasta, dai, ti ho detto che è un problema!
Moccia: non mi importa se non ti funziona, io ti amo lo stesso. Io e te, 3 metri sopra il cielo.
Raul Bova: ti dirò, a me basterebbero una quindicina di centimetri sotto le lenzuola.


I GELATAI.
Questi, invece, danno sempre ottimi consigli quando afflitti da DOC.

Situazione 1
Ragazza: ho dei problemi con il mio partner.
Gelataio: leccalo.

Situazione 2
Ragazzo: non so come dare piacere alla mia ragazza.
Gelataio: leccala.

La difesa rinuncia a presentare ulteriori prove, Vostro Onore.
W i gelatai, salveranno il mondo.


I FONZIES
Anche di loro non c'è molto da fidarsi, come mostrato nella grafica seguente.

Fonzies, tanto buoni, quanto cattivi.


Dopo avervi spiegato come la DOC stia flagellando il mondo (eccezion fatta per i gelatai), credo sia il caso di parlare anche un po' degli scrittori, quindi:


GLI SCRITTORI
(ATTENZIONE: uno scrittore in preda a DOC può diventare molesto. Si consiglia di aver sempre dietro un accendino e un foglio di carta. Se doveste trovarvi in pericolo, estraete l'accendino, poi estraete il foglio di carta, poi usate l'accendino per dare fuoco al foglio di carta, gli scrittori temono il fuoco e si terranno alla larga al grido di "nazista, nazista" che è il nome del loro predatore naturale, ormai assurto per estensione al generico significato di "pericolo, pericolo".)

Situazione 1
Persona: ehi, guarda che bell'albero.
Scrittore fantasy: e se fosse un albero magico minacciato da un malvagio mago cattivo?

Situazione 2
Persona: ehi, stai bene?
Scrittore thriller: (guardandovi con espressione intensa) "l'amico lo conosceva bene, notò subito l'espressione contratta del suo volto e seppe che qualcosa lo turbava. Tuttavia non poteva confidarsi con lui, il pericolo era troppo grande per coinvolgere degli innocenti".

Situazione 3
Persona: (indicando un'auto che passa lì accanto) che bella la nuova Maserati, vero?
Scrittore di fantascienza: bzzzzz, clang, clang, fzzzzz, trrrrrrrrr... (con voce robotica) "io non sono una Maserati, sono un'intelligenza aliena venuta sulla Terra per portare pace e ordine!"

Variante alla situazione 3
Scrittore di fantascienza catastrofica: (sempre con voce robotica) "sono un'intelligenza aliena venuta sulla Terra per portare morte e distruzione!"

Situazione 4
Persona: hai visto l'ultimo film di Schwarzenegger? (si porta una mano al ginocchio per grattarsi)
Scrittore rosa: "cosa aveva voluto dire con quell'insinuazione? Forse che avrebbe voluto un uomo possente come quell'attore? La mano cominciò a scendere lenta verso il bassoventre, come a voler contenere l'impulso di eccitazione provocato dal pensiero di quei muscoli possenti che la afferravano come [censored] e la [censored] fino al [censored]."

Situazione 5
Persona: ho fame.
Scrittore horror: quella semplice frase gli rivelò che la mutazione era già in atto nel corpo della sua giovane compagna. Il virus si era già diffuso in lei, sarebbe stata questione di secondi, poi non sarebbe più stata Claire, la dolce ragazza con cui aveva perso la verginità dietro il fienile degli Svensson (questo cognome è per palati fini e seguaci attenti, spiegazioni QUI), ma una di loro. Non era pronto a vederla cambiare, e poi gliel'aveva promesso: "non preoccuparti, non permetterò mai che tu diventi una di loro".

Si alza dal divano, va in cucina, rumore di posate nel cassetto e, dopo pochi istanti, torna in salotto armato con un coltello. Il giorno dopo i giornali parleranno dell'ennesima tragedia famigliare che si sarebbe potuta evitare (avendo un accendino e un foglio di carta, magari).


Morale della favola?
Mai, e sottolineo MAI mettersi con uno scrittore di horror!


P.S. se vi è piaciuto il post, ricordate che potete condividerlo con uno dei bottoncini qui sotto, e mettete un bel like alla pagina facebook usando il nuovissimo e bellissimo box apposito in alto a destra (è gigante, non si può non vedere). Per chi preferisce twitter abbiamo dei bellissimi e nuovissimi bottoni anche per quello.
FATELO, o vi faccio sposare con uno scrittore horror! :)

P.P.S. la parola "stocastico" mi fa sempre pensare che chi la dice stia in realtà dicendo "stocaaazzoooo!".

Fine, alla prossima. Baci. ;)
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domenica 24 novembre 2013

Muri di carta velina

Il post di oggi sarà breve, sia perché il tempo è merce rara di questi giorni (non per pigrizia, è che è un periodo pieno di pasticci, senza scendere nei dettagli, ho alcuni cari che stanno poco bene) sia perché non c'è tanto da dire, poche parole ma, spero, molto pesanti.

La riflessione mi è venuta guardando questo video:



Ci sono momenti in cui capisci che certi linguaggi sono universali.
Certi messaggi non hanno bisogno di parole, stanno nei volti sorridenti, negli sguardi, nelle emozioni di chi li ascolta, guarda, vive.
Tutto ciò senza volgarità o donne nude o altri biechi trucchetti.
Perché quando un messaggio è forte, sfonda il muro dell'indifferenza come fosse carta velina.

Ho finito, per oggi.
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giovedì 14 novembre 2013

Dalla parte delle donne: tecnologie antistupro, no grazie!

Buongiorno a tutti, ho scritto questo post a spizzichi e bocconi, negli scorci di pausa tra una tranche di lavoro e un'altra. Di questi tempi ho pochissimo tempo libero e devo produrre per le mie passioni e i miei interessi nei ritagli di tempo (a dire il vero succede sempre, ma fingere che abbiamo delle vite non eccessivamente piene aiuta a sentirsi più liberi).
Se siete incazzati e sul piede di guerra per il titolo del post, sappiate che nasconde un'insidia, quindi non giudicatemi prima di aver finito di leggere l'articolo. Ragionate sulle mie parole e poi, se ancora vorrete, potrete insultarmi, non modererò nessun eventuale commento in cui me ne canterete di ogni.

Comunque, ora cerco di convincere il mio cane che  potrebbe anche lasciarmi uno dei tre posti del mio divano e vi scrivo il post (poi vi metto una foto, così capite che non è possibile che un cane così occupi tutto il divano, ma tant'è, lui ce la fa. Superpoteri.)

Leggo un articolo entusiasta: "Mutande antistupro, possono essere tolte solo da chi le indossa grazie a una speciale cintura apribile solo dal possessore".
Vi lascio un minuto per riflettere da soli.

Io l'epilogo di un eventuale stupro NON me lo immagino così:
- cavoli, signorina, ho qualche problema a sfilarle l'intimo.
- eh, lo so, senza offendere ma è fatto apposta per non farmi stuprare.
- ah, dannazione, allora mi sa che per oggi niente stupro, eh?
- eh, mi sa anche a me. Grazie comunque per averci provato, molto gentile.
- ma grazie a lei. Dai, non disperi, sarà per la prossima volta.
E lo stupratore che se ne va un po'sconsolato.

Io credo che sarebbe più simile a:
Lui che la prende per il collo o le punta addosso un'arma improvvisata e le intima di levarselo, altrimenti le taglia la gola. E lei che, se vuole riportare a casa la pelle, è obbligata ad assecondarlo.
Quindi non solo si avrà comunque lo stupro (bel risultato, mutande antistupro!) ma avremo anche una nuovissima serie di violenze fisiche e psicologiche sulla vittima.

Ma certa gente che cosa cazzo ha nella testa?
Un ragionamento del genere funziona con i caveau delle banche ma solo perché chi può aprirli NON è mai vicino alla banca, a meno di una massiccia presenza di polizia. E comunque le banche sono assicurate, si parla sempre e solo di soldi. Glieli rubano e l'assicurazione glieli rinfonde.
In ogni caso, anche con le precauzioni del caso, non è che la gente non le rapini più le banche.

Ma a una vittima di stupro chi rinfonde la sicurezza, la voglia di uscire e avere contatti col mondo, le ore di sonno che perderà negli anni, eccetera (le conseguenze sono tante e sono pesanti)?
Ci sono cose che con i soldi non si sistemano.

E, presunti inventori, smettetela di cercare di peggiorare situazioni già abbastanza gravi di loro. Per favore.
O inventate un dispositivo INVISIBILE che stordisca lo stupratore (o che lo uccida, crepi l'avarizia).
Anzi, meglio che lo uccida, perché tanto in galera non ci andrebbe e, come minimo, poi andrebbe a cercare la ragazza in questione e renderebbe la sua intera vita un inferno.
Sì, meglio che lo uccida.

E no grazie alle attuali buoniste tecnologie antistupro.
Se bisogna fare una cosa, che la si faccia bene

Solo un'ultima cosa:
ragazze care, se mai dovessero inventare un aggeggio del genere, ricordatevi di toglierlo/spegnerlo prima di andare a letto con i vostri amati.
Avete presente quelli che vi portano in palmo di mano e si prenderebbero una coltellata per voi?
Ecco, il fatto che morirebbero per voi non implica che lo debbano per forza fare anche laddove non ce ne fosse bisogno.
Quindi, per favore, un po'di attenzione.

Lo dico perché io rientro in questa categoria e, so che sembra strano detto al giorno d'oggi, tutti sono sempre a lamentarsi che va tutto di schifo e che la vita non vale niente e bla bla bla... ma io sono MOLTO attaccato alla vita.

Ah, dimenticavo, il mio cane-occupadivano è questo:

Jolly, campione del mondo di combattimento contro cumuli di foglie cadute.
Qui appena sveglio stamattina. Notare l'occhio socchiuso e l'orecchio piegato.

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venerdì 8 novembre 2013

il mio... TESSSSSOROOOOOOO...

Ciao a tutti, ragazzi, ragazze, uomini, donne, bambini e bambine. Un ciao anche ai cani che mi piacciono sempre molto più delle persone, peccato non sappiano leggere, credo.
Una volta ho trovato il mio cane che sfogliava un libro, prendeva le pagine tra le zampe e poi le strappava con i denti, le masticava un po'e poi le sputava.
Già allora avrei dovuto capire in che condizioni versasse il mondo dell'editoria.
D'altronde, lo sappiamo tutti, gli animali certe cose le sentono.

L'argomento di oggi è: cosa devo fare per diventare uno/a scrittore/rice di successo, oggi?
"EVVIVA" direte voi, finalmente un argomento interessante e utile.
Spegnete i vostri entusiasmi, quello che vi dirò NON vi piacerà. Almeno non a quelli di voi cui piace sognare (tra cui ci sono anche io, e infatti questo discorso non piace nemmeno a me).

Trattando questo argomento è, come al solito, necessario fare alcune premesse di stampo editoriale, perché senza avere un'idea di come funga l'editoria, difficilmente vi potrete attrezzare per diventarne parte (a meno di strane congiunture/congetture astrali tipo il Sole nella costellazione del culo sfrenato in trigono con la Vergine e, a Dio piacendo, schivando il Cancro).

Nella seguente parte, ci sono delle generalizzazioni necessarie per non far diventare questo post lungo 800km, sappiate che le eccezioni al discorso esistono, anche se rare e, spesso, destinate a chiudere i battenti (purtroppo).
Prima grande verità: scordatevi la visione romantica dell'editore che vi legge, gli piace il vostro stile, vi offre un contratto e venderete milioni di copie.
E niente reticenze, sono sincero: SCORDATEVELO!
Seconda grande verità: gli editori sono dei venditori. Il loro mestiere è produrre e vendere libri, non importa se a degli inuit analfabeti o a un branco di dugonghi spiaggiati.
Se non si vende, l'ingranaggio si inceppa e tanti auguri ("bum, a chi tanti amanti ha", possibilmente ricchi e potenti, così, anche se i vostri libri non vendono, voi sopravvivete comunque in modo decoroso).
Ovvio che nel "produrre" ci stanno diversi passaggi (selezione, correzione bozze, editing, impaginazione, copertina, promozione, e bla bla bla), non me ne vogliano gli editori che non sono solo dei venditori.
Resta fisso il fatto che una casa editrice è un'azienda e quindi ha il fisiologico bisogno di conseguire un risultato economico.
Terza grande verità: per la maggior parte degli editori (ricordo che esistono le eccezioni), il risultato economico ha assunto un'importanza schiacciante rispetto a tutti gli altri. Su questo ultimo punto c'è poco da fare discorsi, l'economia si appropria di fette sempre più grandi dei filtri attraverso cui osserviamo e interpretiamo la realtà e, soprattutto, i risultati.
E lo dico da economista, so bene ciò di cui parlo, è una congiura silenziosa che miete vittime tutti i santi giorni ma nessuno pare notarlo o avere intenzione di fare qualcosa. Ma è un altro discorso che, magari, affronteremo in un altro post.

Assodato che la performance economica sta alla base del punto di vista di molti editori, torniamo al punto centrale della discussione: COSA CAVOLO DEVO FARE PER DIVENTARE UNO SCRITTORE AFFERMATO?
Il meccanismo è di semplice comprensione, di meno semplice attuazione. Ci arriveremo tra poco, giusto il tempo di chiarire un paio di passaggi molto rilevanti.

Un aspetto su cui riflettere è che, una volta, gli editori erano coloro che potevano veicolare un contenuto (romanzo, libro, saggio, eccetera) verso il pubblico. Quindi gli editori erano coloro che avevano in mano l'utenza finale e la loro necessità era quella di trovare tra i potenziali autori, quelli che gli avrebbero fornito i contenuti da inoltrare al loro pubblico.
Quindi l'equilibrio era composto da una parte dagli editori che avevano i mezzi economici e una buona stretta sull'utenza, dall'altra parte dagli autori che erano i produttori dei contenuti, dei messaggi. Quindi il rapporto tra autore ed editore era "io autore fornisco a te editore materiale da vendere, tu pensi a tutto e io alla fine mi prendo la mia (bassa) percentuale sul prezzo di copertina e più si vende più siamo felici (tu editore più di me scrittore, ma comunque tutti e due ce la passiamo mica male)".
Oggi questo equilibrio è cambiato, radicalmente.
Gli editori NON hanno più in mano il pubblico, il marketing e lo studio della filiera della produzione di beni e servizi ci hanno insegnato che il pubblico non serve averlo in mano, bisogna lasciarlo "libero di scegliere", perché all'utente piace credere di prendere le decisioni, quindi io editore cosa faccio per vendere? Cerco il monopolio o comunque una fetta consistente di controllo sulle scelte che l'utente può prendere, tipo "tu scegli quello che vuoi... ma rigorosamente tra le alternative che io ti metto davanti".
Questo, a lato pratico, in cosa si traduce? Nella ricerca del controllo sulla distribuzione.
Dal lato autori, la musica è parecchio cambiata con l'era di internet, ora a tutti (purtroppo in modo indiscriminato) è stata data l'opportunità di esprimere la propria opinione, di rigurgitare in quel grande calderone che è la Rete opinioni e punti di vista. La possibilità di andare a colpire le persone, ottenersi da soli il proprio seguito.
Quindi, oggi, l'equilibrio tra autore ed editore è cambiato in questo senso: io editore ho i mezzi economici per produrre e per distribuire i contenuti, metterli davanti alle persone, io autore invece ho i contenuti (meno preziosi di prima, in quanto tutti abbiamo i mezzi per produrre contenuti e quindi buonanotte, è come cercare pepite nel corso di un fiume, in mezzo a ciottoli senza valore) e, punto importante del discorso, ho un seguito che apprezza già il mio lavoro.

Ora, cerchiamo di mettere assieme tutto quanto detto finora.
L'editore è interessato al profitto, il profitto si ottiene incrementando gli introiti e diminuendo i costi (banale). L'editore può distribuire i libri e "legittimare" il lavoro di un autore (che se è edito, allora varrà qualcosa).
Quindi, cosa cerca l'editore in un autore? Che poi è la stessa cosa di dire "cosa ci vuole per diventare 'famosi'?"
Cerca, prima di tutto un modo per ridurre le spese e aumentare i profitti.
Quindi cerca autori che abbiano già un buon seguito, perché per l'editore questo significa risparmiare sulle spese di marketing e partire da una base di vendite certe. Un bel bottino.
Cerca autori che siano anche un po' personaggi, perché mettendoli davanti a una telecamera sappiano dire qualcosa, intrattenere e farsi apprezzare, perché bisogna pensare all'engagement, a creare non solo un pubblico numeroso, ma un pubblico che guarda l'autore e si sente parte di qualcosa.
Tutto ciò perché è bello?
NO.
Tutto ciò perché fa vendere più libri E perché, a parità di risultato, diminuisce le spese di marketing.

(Dal punto di vista dell'autore, invece, si fa così perché è bello o, almeno, io lo faccio perché mi piace che i miei lettori siano parte di ciò che faccio, in fin dei conti scrivo per loro, ma anche questo è un altro discorso. Ricordate all'inizio che vi ho detto di mettere da parte i sogni in tonalità pastello? Ecco, io non lo sto facendo ma, comunque, io non ho mai detto di fare quello che faccio io... e, come diceva De André, "la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio". La parte del cattivo esempio l'ha scritta palesemente per me... XD )

I più attenti avranno notato che, dove una volta l'autore si rivolgeva all'editore per avere un pubblico, ora succede esattamente il contrario, è l'editore che si rivolge all'autore per avere un pubblico. 
Questo semplice punto ricordatelo perché sarà spunto di riflessione in futuro, l'argomento non finisce certo qui.

Ora, quello che ho descritto è un processo ancora in atto, non è ancora concluso , anche se molti aspetti si cominciano a vedere con una certa frequenza.
Io vi ho dato un indicazione di massima di dove, secondo me, si sta andando.

La chiave sta nel rendersi appetibili, nel far sì che gli editori ci guardino e vedano in noi delle chance di fare dei soldi, di rendere florido il ciclo economico della loro attività.

Insomma, un editore deve guardarvi e, pensando all'evenienza che un altro editore possa contattarvi (mungervi/sfruttarvi/consimili) prima di lui, deve tirar fuori gli artigli e strillare...
IL MIO TESSSSSOROOOOO!!!


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sabato 2 novembre 2013

Meccanismi esplosivi

Oggi parliamo di generi letterari. Il discorso sarà breve o, almeno, non ho la iniziale intenzione di trattarlo in maniera dispersiva ma, si sa, questi scrittori a volte si fanno prendere la mano e si perdono in inutili bla bla bla, convinti che alla gente interessi sentire quello che hanno da dire. (ecco, per esempio, tre righe sprecate che nel frattempo sono diventate quattro, per dire qualcosa di davvero inutile, cinque, dai, ora comincio, prima di sforare nella sei.)

Dicevamo: generi letterari
Cosa sono i generi?
Senza rifarci a wikipedia e rimanendo su concetti spicci, i generi altro non sono che categorie di scritti con elementi comuni e ricorrenti, siano essi di forma, di contenuti, di ambientazione o di approccio.
Esempi di generi sono horror, fantascienza, giallo, thriller, fantasy, eccetera.

Ora, cominciamo la vera riflessione.
A cosa servono i generi?
La risposta dipende dal punto di vista.
Dal puro punto di vista dello scrittore, secondo me non servono a niente. Se uno vuole solo scrivere, se ne frega se sta producendo horror o paranormal romance, ha in mente gli elementi della propria storia, ha in mente gli aspetti su cui vuole puntare e bon, scrive. (si spera con un livello di cognizione di causa il più alto possibile)
Dal punto di vista del lettore, invece, sono utili. Qualunque scrittore si è trovato nella situazione in cui, dopo aver detto a qualcuno la fatidica frase "sto scrivendo un libro", tale qualcuno risponde circa "ah, che bello, ma che tipo di libro?".
Ora, lo scrittore può dare una risposta come: "Ma, sai, è la storia bla bla bla di una ragazza bla bla bla in un'ambientazione bla bla bla, poi c'è un personaggio bla bla bla che fa bla bla bla nel bla bla bla del bla bla bla. Scritto in uno stile bla bla bla, con richiami a Tizio, Caio e Sempronio (mi ha sempre fatto ridere Sempronio), con un'eco (sì, in italiano la parola eco è femminile, traumatico, vero?) del secondo Pinco Pallino e altri bla bla bla infiniti". N.B. una risposta di questo tipo, a meno che non sia esplicitamente richiesta in OGNI sua componente (inteso una richiesta esplicita per ogni parte) è soporifera, stimola la diuresi e oltre a tanta plin plin, provoca improvvisi attacchi di tanta plom plom, cosa che voi scrittori non volete.
OPPURE, tale autore può rispondere: "è un romanzo di genere fantasy con diversi elementi horror e da B-movie. La storia di Sempronio Svensson (ok, ho deciso che lo userò in un prossimo scritto, promesso), artificiere svedese cassintegrato con un talento per sbagliare le scelte 50-50, che combatte contro dei malvagi alieni samurai". (questa storia s'ha da scrivere)
In una frase del genere, l'interlocutore sentirà SOLO le seguenti parole:
FANTASY e penserà a scene dal signore degli anelli
HORROR e penserà che ci saranno scene che fanno paura
B-MOVIE (se sa cosa sono) penserà a... non vogliamo saperlo, certi angoli della mente di un amante del genere possono avere effetti disturbanti sulla psiche.
MALVAGI+ALIENI+SAMURAI e sbaverà dalla voglia di leggere il vostro romanzo XD
4 concetti in una frase, facile, immediato, sintetico e comprensibile.
Il potenziale lettore ha, in 10 parole, creduto di aver capito di cosa si tratti e può decidere se gli interessi o meno. Facile.
Dal punto di vista dell'editore, servono perché il compito dell'editore è anche quello di comunicare con i lettori per convincerli a comprare i libri che vende, altrimenti nun se magna.

Ma i generi da dove arrivano e dove vanno?
Sul "da dove arrivano" è facile. In un certo momento della storia della letteratura, un certo autore Sempronio (anche lui probabilmente cassintegrato come il nostro amico Svensson) ha scritto un determinato brano con determinate caratteristiche. Quel brano è piaciuto e quindi Sempronio ha scritto ancora, qualcosa di simile, oppure Sempronio ama scrivere cose di quel tipo e quindi ha continuato anche se il brano non se l'è filato nessuno. Fatto sta che, prima o poi, a qualcuno quel brano è piaciuto, magari ha deciso di riproporne tematiche o caratteristiche.  Come lui anche altri, fino a che c'è stato un bello zoccolo duro di autori e lettori appassionati di quelle caratteristiche.
Dopo tot processi del genere, un qualche studioso di letteratura ha detto "dai, partendo da quegli scritti, cerchiamo di desumere e canonizzare le caratteristiche peculiari di tutti questi tipi di orientamenti letterari" eeeeee... magia magia magia... puff... nascono i generi letterari.
Fino a qui va tutto bene, non c'è niente di male.
Però (c'è sempre un però, maledetti però), dobbiamo arrivare al punto "i generi dove vanno?". E sono dolori.
Oggi credo che scrittori e lettori siano un po'schiavi di questa distinzione di generi. Gli scrittori, quando si approcciano a un brano, spesso e volentieri ne decidono il genere a tavolino, prima di cominciare a scrivere. "Oggi scrivo un horror", oppure "oggi scrivo un giallo", vanno a vedersi quali sono le caratteristiche proprie di quel genere e poi ne ricalcano i tratti.
Questa cosa è agghiacciante, soprattutto perché nessuno ci vede nulla di male.
Quando è successo che i generi, che sono un'astrazione, nata A PARTIRE dagli scritti, sono diventati un VINCOLO agli scritti?
Io credo che il discorso sia un po'analogo al razzismo/sessismo/ecceterismo.
Certe categoria hanno dei tratti comuni, è innegabile, i nostri processi di apprendimento e interpretazione della realtà si basano proprio su questo principio.
Vediamo un maschio, ha le palle. Vediamo un altro maschio, anche quello ha le palle. Ne vediamo un terzo, ancora palle. Desumiamo: i maschi hanno le palle. Ok. Fino a qui è davvero tutto ok.
Però (sempre con i però), da qui a dire "TUTTI I MASCHI DEVONO SEMPRE E PER FORZA AVERE LE PALLE" la differenza è abissale. Senza entrare nel merito logico-filosofico della questione o mettersi a parlare dei problemi dell'induttivismo (il tacchino induttivista insegna), sono pronto a scommettere che di maschi che non hanno le palle ognuno di noi ne conosce fin troppi.
(sensi stretti e sensi lati che si mischiano come ingredienti nel bimby).

Quindi, in fin dei conti, trovo che conoscere i generi letterari serva a un autore nel senso che è utile sapere certi lettori a cosa sono potenzialmente interessati, ma in ottica squisitamente manageriale. Ma i generi letterari non devono diventare una prigione, altrimenti si scriveranno solo cose che sono già state fatte, con caratteristiche che, proprio perché note e studiate e codificate, sono per forza qualcosa di già visto. Dove sta l'innovazione? Dove sta il piacere di leggere qualcosa e non sapere già da pagina 1 che cosa ci aspetta?
Ragionate sul fatto che alcuni degli scrittori più affermati del giorno d'oggi hanno costruito la loro fama proprio sul discostarsi da certi canoni e certe logiche editoriali e di marketing.
Martin, che dopo la serie tv di Game of Thrones ha una notorietà infinita, ha preso il principio base del "piano, non facciamo morire i personaggi, che poi magari i lettori si indispettiscono" e ha detto un sonoro "ma vaffanculo" e nei suoi libri muoiono tutti manco stesse scrivendo di Schwarzenegger, ha preso il concetto di "aspetta, non esageriamo con i personaggi, altrimenti il lettore non ti segue" e ha detto anche qui la medesima cosa. Ha detto "io voglio scrivere 50 spy story in una, ma voglio che ci siano i draghi, degli zombie dei ghiacci, sesso a caso, violenza a caso, niente magia che altrimenti poi mi diventa dragon ball e voglio che i miei personaggi mangino bene (sai mai che sia il loro ultimo pasto, le probabilità sono tutt'altro che basse)".
Vedete un genere qui?
DOPO che lui ha scritto, DOPO che è diventato famoso, allora tutti a cercare di affibbiargli un'etichetta, perché così si vende meglio, perché così i lettori possono capire.

Da lettore, dico che gli scritti, secondo me, rientrano in DUE soli generi: quelli fatti bene e quelli fatti male. Rimando al precedente post del blog (lo trovate QUI) per un approfondimento su questo tema.

Per concludere, i meccanismi di cui sopra non sono sbagliati in sé, ma sono strumenti, e gli strumenti non dovrebbero mai diventare i fini, altrimenti fa tutto la fine dell'artificiere Sempronio Svensson quando si trova nel topico momento del "taglio il cavo giallo o il cavo blu?".
Meccanismi esplosivi.



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