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venerdì 26 ottobre 2012

Labirinti nella mente

Racconto primo classificato alla 24 ore di Ottobre. Ha riscosso un ottimo consenso presso gli altri partecipanti, spero piacerà anche a voi.



Labirinti nella mente


Le gocce continuavano a cadere pesanti sul pavimento tiepido, mentre il loro suono sincopato si perdeva nell’aria di un ambiente che, a giudicare dall’eco, pareva senza dimensioni.
La pozzanghera guadagnava terreno, lenta ma costante, valicando tutte le scanalature tra le diverse piastrelle. Le ore la videro avvicinarsi sempre più al corpo inerme che giaceva accanto a lei: centimetro dopo centimetro l’acqua vinse anche gli ultimi sbarramenti e, in un impeto di capillarità, inzuppò il tessuto rosso della maglietta di cotone, proprio sopra le costole.
Il liquido era gelido e l’uomo, risvegliato dal senso di pericolo, si alzò in piedi di scatto. Alle gambe, tuttavia, non bastò quel mezzo istante per scrollarsi di dosso il torpore accumulato in ore di immobilità. Non aveva nemmeno finito di alzarsi che perse l’equilibrio e cadde di nuovo a terra di schianto. Una calda colata viscosa gli straripò dalla tempia e, in pochi istanti, il sapore metallico del sangue gli si insinuò tra le labbra. Lo sentiva infiltrarsi fino in cima alle gengive e nello spazio tra i denti.
D’istinto si portò una mano alla fronte, umida e scivolosa, per tamponare la ferita.
Se quella stronza ha lasciato ancora le ante dei pensili aperte io la ammazzo.
Aver formulato un pensiero di senso compiuto, per quanto istintivo, gli fece recuperare un briciolo di lucidità e si rese conto che non vedeva nulla. Aprì di più gli occhi ma ancora non riusciva a scorgere null’altro che spicchi della pesante cortina buia che lo circondava.
Maledizione, mi fa male tutto.
In una smorfia, raccolse la saliva sulla lingua e la usò per sciacquarsi la bocca dal sangue prima di sputarla sul pavimento.
Ma, dove diavolo sono?
Provò di nuovo a guardarsi attorno, ma l’oscurità era totale: il respiro gli si fece subito corto mentre l’immaginazione cominciava a elaborare il silenzio, popolandolo di pericoli irrazionali. Si sentiva come se mille occhi lo fissassero, mentre decine di lingue ripassavano fameliche i profili delle zanne insanguinate. Si vide spacciato.
Preso dal panico, cominciò a correre. Fuggiva dal nulla e verso il nulla, le braccia tese in avanti a scandagliare le poche spanne di cui era composto il suo mondo.

“Registrazione AX247C.
L’intensità del campo elettrico neurale limbico del soggetto 31B è al di fuori dalla scala di misurazione.
Si presenta la necessità di ricalibrare gli strumenti. L’unico dato rilevabile è il fatto che l’istinto di sopravvivenza ha incrementato l’attività cerebrale istintuale di un fattore quattro. Un ottimo inizio.
Questo mi permetterà di avvicinarmi ancora di più all’architettura neurale ancestrale: ormai i passi rimasti da fare sono pochi, il professor Nuti dovrà essere soddisfatto stavolta. Sperimentare su soggetti in stato di privazione multisensoriale è stata un’idea mia, mi dovrà riconoscere il giusto merito. Lo dovrà fare.”

«Ehi, qualcuno mi sente?» urlò all’oscurità: «tiratemi fuori di qui!»
Tese l’orecchio per cercare di percepire un segnale qualsiasi. Il buio, però, non rispose.
Dannazione, quanto ci mettono ad abituarsi al buio questi maledetti occhi?
Era fuggito per diversi minuti senza incontrare nulla prima di fermarsi: ora si sentiva, se possibile, addirittura più perso di prima.
Prese a esplorare l’ambiente circostante a tentoni, muovendosi prima in una direzione, poi in un’altra, ma, fatta eccezione per il pavimento di pietra ruvida, quell’ambiente pareva essere composto solo di tenebre. Camminò trascinando i piedi per un’altra dozzina di passi: l’idea di staccarli dal pavimento anche per un solo secondo gli era divenuta insopportabile. Intanto, l’acquoso salmodiare delle gocce gli percuoteva i timpani, espandendo l’unico senso su cui poteva ancora fare affidamento.
D’un tratto, tra un fruscio e l’altro del tessuto dei pantaloni, gli parve di sentire qualcosa. Un rumore tenue che veniva dalla sua destra: somigliava a un respiro controllato, come se qualcuno avesse voluto prendere fiato ma senza farsi sentire.
«Chi c’è lì?» la voce gli tremava: «Guarda che sono armato, non ho paura. Fatti riconoscere o faccio fuoco!»
Provò a dire quelle parole con risolutezza, facendo appello a tutto il coraggio che non aveva mai avuto, ma la voce carica di terrore risuonò nelle tenebre pietosa come un pianto.
Passò in silenzio un tempo che gli parve interminabile, stava quasi per convincersi che quel suono fosse stato il frutto della sua immaginazione quando, stavolta dalla sua sinistra, lo sentì di nuovo, molto più vicino.
«Guarda che lo faccio!» urlò perpetrando il bluff.
Tese le mani davanti a sé, cercando con i palmi qualche riferimento: un muro, un ostacolo, uno spiffero d’aria. Qualsiasi cosa sarebbe andata bene. Gli occhi erano spalancati con forza, come se aprendoli di più sarebbe stato in grado di scorgere qualcosa in quell’oscurità opprimente.

“Registrazione AX355C.
Un picco di 1,31 MeV. Ho eseguito la diagnostica e il dato è stato confermato dal sistema. È ancora un dato singolo, un’aberrazione, ma dimostra che la strada seguita è quella giusta. Il soggetto 87C è deceduto durante il picco, le analisi confermano la presenza di residui di sinaptobrevina e SNAP-25 trecento volte superiori alla norma, localizzate tra la quarta e la settima sezione citoarchitettonica della corteccia insulare.
Finalmente le mie teorie si sono rivelate valide, il frutto di tutte le mie fatiche è pronto per essere colto.
Ancora qualche giorno e tutti dovranno riconoscermi come il più grande architetto neurale vivente.
Alla faccia di Nuti, idiota, in culo a lui e a tutti quelli che non hanno mai creduto in me. Ma ora lo vedrete, ora crederete. Sono sicuro di riuscire a oltrepassare l’architettura neurale limbica, scavare più a fondo fino a raggiungere quella ancestrale: l’unica di cui nessuno era mai nemmeno riuscito a provare l’esistenza. Nessuno tranne me. Sono un genio, un genio, uno stramaledetto genio.”

Il respiro attorno a lui era svanito di nuovo, lasciandolo solo con la consapevolezza di un nemico invisibile che giocava con la sua vita.
Sentì la pelle accartocciarsi in un brivido di paura, i peli si rizzarono sugli avambracci mentre ancora cercava di guardarsi attorno per scorgere qualcosa. Le gambe larghe e ben piantate a terra, la testa lievemente abbassata con il mento a proteggere la gola, i pugni serrati. Tutto in lui era pronto ad aggredire chiunque si fosse avvicinato.
Il cuore correva all’impazzata, quasi come la fantasia che, d’istante in istante, cambiava forma alla minaccia invisibile, in un’escalation di artigli, zanne e occhi iniettati di sangue che sembrava inarrestabile.
Una scarica di adrenalina gli scosse le membra quando si sentì sfiorare la nuca. Gli scappò un grido e, voltandosi di scatto, prese a mulinare le braccia davanti a sé, ringhiando e piangendo al tempo stesso.
Continuò per un tempo indefinito, ma le sue mani non incontrarono nulla. Tirò anche qualche calcio scoordinato.
Il terrore dell’ignoto lo spronava a continuare, sapeva che la creatura aspettava solo che lui si fermasse per agguantarlo e trascinarlo chissà dove.
La fatica cominciò a farsi strada tra le fibre muscolari: le braccia si fecero sempre più pesanti, i polmoni bruciavano, i denti così stretti che sembrava dovessero spezzarsi da un momento all’altro. Provò a resistere ma il dolore e la stanchezza, amplificati dal buio, presero il sopravvento.
Frustrato dall’impotenza dei fendenti con cui spazzava l’area attorno a sé, si lasciò andare, soccombendo sotto i colpi incessanti della propria disperazione.
«Uccidimi, che cosa aspetti?» disse con un filo di voce prima di inginocchiarsi a terra abbassando il capo.

“Registrazione AX512C.
La privazione sensoriale sta dando buoni risultati, i dati delle registrazioni precedenti lo dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio. Tutti i soggetti stanno reagendo in modo positivo alle sperimentazioni. Ormai sono riuscito a schematizzare le principali reazioni del sistema limbico. Fuga e lotta sono già state indicizzate. Devo solo raccogliere i dati sull’immobilità e il quadro sarà completo. Le citoarchitetture di Reil possono essere stimolate da profonde e inconsce reazioni emotive, è una grande scoperta. Il dubbio che mi rimane, però, è sempre lo stesso: e se il soggetto fosse consapevole di trovarsi in un esperimento? Cosa cambierebbe? La razionalità potrebbe prendere il sopravvento sull’istinto? Solo i prossimi test ce lo diranno, ma ho paura di questo spettro all’orizzonte che si fa sempre più vicino.”

Il silenzio era tornato a essere il suo unico compagno, lo ascoltava con rassegnato interesse da minuti, forse ore, non sapeva dirlo. La tempia gli mandava delle fitte regolari, quei picchi di dolore gli sottraevano anche la speranza irrazionale che fosse tutto un brutto sogno: era reale, terribile e reale.
Ritrovato un barlume di calma, l’istinto di sopravvivenza lasciò qualche sottile spiraglio alla ragione che, impietosa, gli riversò nella mente un’infinità di dubbi e domande.
Come diavolo sono finito qui? Dov’è “qui”? Mi ci avrà rinchiuso qualcuno? Cosa può volere da me?
D’un tratto, si fece strada in lui la consapevolezza di aver già visto quella scena, decine e decine di volte. Riconobbe lo schema.
Una risata isterica si aprì a forza la strada attraverso i denti stretti:
«Mi senti? Lo so cosa stai facendo, ma io non ci casco! Questo metodo l’ho inventato io, l’ho codificato io, so come funziona.»
L’eco del ghigno si spense, perso nell’infinito di quelle tenebre che gli soffocavano l’anima.
«Vogliono farmi crollare, non devo permetterglielo, non c’è niente nel buio. È tutto frutto della mia mente. Lo so, l’ho studiato.»
Prese a sussurrare quelle parole come un mantra: “lo so, l’ho studiato, lo so, l’ho studiato.”
Invece di calmarlo, il suono di ogni sillaba demoliva un mattone del sottile muro che ancora gli relegava nell’inconscio ansie e paure ancestrali.
Ogni suono aumentava la pressione dall’interno. La morsa dell’angoscia gli stringeva implacabile i polmoni. L’artiglio gelido della paura gli afferrò la gola.
«Fammi uscire!»
L’urlo disperato non riuscì a scalfire il buio, finì solo per distruggere i pochi stralci di volontà sopravvissuti al fallimentare tentativo di autocondizionamento.
Cadde a terra e si rannicchiò in posizione fetale, mentre la disperazione gli rigava il viso in lacrime salate.

“Registrazione AX897C.
Il sistema limbico, in un caso riconosciuto dall’istintività come pericoloso, prende il sopravvento sulla razionalità, a prescindere dalla quantità e dalla qualità di informazioni possedute dal soggetto sulla situazione in atto.
Persino nel caso in cui ci si trovi d’innanzi a una fuga, in mancanza di elementi che la rendano utile, questa lascerà inevitabilmente il posto all’unica altra reazione processabile dall’istinto: la lotta. È solo dopo aver reso inutile anche questa soluzione che si potrà arrivare alla mappatura dell’architettura ancestrale che, secondo la teoria della psicologia universale di Kerimov, è uguale per tutti gli esseri umani. Basterà aumentare il voltaggio della strumentazione per raggiungere una maggiore profondità e sottrarre alla rilevazione gli schemi del sistema limbico.”

L’uomo si abbassò le maniche fino ai polsi e si stropicciò gli occhi sollevando gli occhiali con i pugni. Si lasciò andare sulla sedia e stoppò il piccolo registratore portatile: erano tre giorni che ascoltava quelle cassette, aveva bisogno di una pausa.
Pollice e indice della mano destra si chiusero sulla leva che controllava la videocamera mobile e la spostarono avanti. Sullo schermo di destra apparve l’immagine di Golan, ancora rannicchiato a terra singhiozzante, dipinto nelle tinte verdognole del filtro infrarosso.
Sul viso dell’uomo alla console si aprì un ghigno sadico mentre, con la mano sinistra, estraeva una tastiera dal piccolo carrello a scomparsa sotto la scrivania. Pochi rapidi tocchi e, sul monitor centrale, apparvero quattro grafici cartesiani ancora bianchi.
Sullo schermo di sinistra, nel frattempo, scritte verdi su sfondo nero aggiornavano l’uomo sull’avanzamento dei preparativi per la scansione.
Inizializzazione strumenti: 27% ;
Bobine di Tesla: attive ;
«Sii contento, Golan, l’ultimo tassello del puzzle sarai proprio tu. Che onore.» disse l’individuo al monitor su cui lo scienziato rantolava impaurito.
Mappatori Elettromagnetici: attivi ;
Sonde Triassiali: attive ;
Si alzò dalla sedia e si avviò verso l’appendiabiti: cominciava a sentire freddo. Si infilò il lungo camice bianco e si strinse nelle spalle, poi, con un gesto a cui era fin troppo abituato, si sfilò di tasca il tesserino e se lo appuntò sul bavero. Sotto il semicerchio rosa diviso da un triangolo grigio, campeggiava la scritta “Professor Elio Nuti. CEO. Mindrill Industries”.
Inizializzazione strumenti: 48% ;
Scanner a Banda Larga: attivi ;
«Ma quanto ci mette questo trabiccolo a prepararsi?»
Il professore prese la tazza di tè dalla scrivania e si mise a soffiare sulla superficie, poi allungò ancora la mano e fece ripartire il piccolo registratore a cassette.
Registrazione AX909C.
Le mie ricerche sono finalmente ultimate. Ma sono a un punto morto. Tutti i test effettuati per ricavare l’architettura ancestrale hanno avuto come effetto la morte del soggetto esaminato. Non posso provare su un essere umano, il campo elettromagnetico generato dagli strumenti è troppo intenso. Maledizione, eppure sono così vicino, mi basterebbe un volontario. Ma che dico? No! Bisogna aspettare, trovare il modo di rendere la rilevazione sicura. Non posso sacrificare la vita di qualcun altro, nemmeno per il bene della scienza.”
«Parole sante, dottore, parole sante.» sogghignò il professore.
Collegamento rete neurale blocchi A27 – D43: attivo ;
Ricevitori Alfa-Risonanti: attivi ;
Lo sguardo gli cadde di nuovo sul monitor su cui era ritratto Golan, un inizio di senso di colpa cominciò a rodergli in petto, ma lo ricacciò da dove era uscito.
«È tutta colpa tua, te la sei voluta! D’altronde, che ti aspettavi? Che stanziassi più di cento milioni per la costruzione del tuo fantomatico “Labirinto” e poi mi fermassi a causa dei tuoi “problemi etici”? Hai fatto male i tuoi calcoli: questa ricerca è mia. Te la sei cercata.»
Inizializzazione strumenti... completata.
Premere Invio per eseguire...
Il professor Nuti trattenne il respiro mentre la mano si avvicinava alla tastiera, il fatto che stesse rubando quella ricerca non lo rendeva meno emozionato: era pur sempre uno scienziato, il piacere della scoperta faceva parte di lui. Chiuse gli occhi e, di scatto, l’indice si appoggiò sulla tastiera.
Riaprì lento le palpebre e guardò lo schermo di sinistra.
Elaborazione dati... Attendere prego...
«Dai, muoviti, ammasso di latta.»
Dati elaborati con successo... Salvataggio in corso.

« …In questo giorno di gioia, il mio pensiero va al Dottor Henry Golan, un’inesauribile fonte di ispirazione la cui dedizione al lavoro e la mente brillante mi mancano ogni giorno. Vorrei che alla fine del mio discorso, in cuor vostro, vi prendeste qualche istante per rivolgere a lui il vostro pensiero e un sentito ringraziamento. Era un uomo speciale che ha dato tutto per questo giorno, senza il suo sacrificio non sarei mai riuscito a completare la ricerca che, ve lo prometto, rivoluzionerà il mondo. Finalmente avremo la chiave per tutto il potenziale inespresso della mente umana: quozienti intellettivi a quattro cifre, la capacità di comunicare telepaticamente, di controllare la materia, di plasmare l’universo a nostro piacimento. Tutte queste cose che, fino a ieri, appartenevano solo alla fervida immaginazione di registi e disegnatori, da oggi potranno diventare realtà. È quindi con immensa gioia ma anche con infinita tristezza che vi presento la Teoria di Nuti-Golan sull’Architettura Ancestrale.»
La platea esplose in un boato assordante, l’applauso durò svariati minuti, molti si alzarono addirittura in piedi, apparivano tutti entusiasti.
Dall’alto del palco, Elio Nuti osservava quei luminari delle neuroscienze che lo fissavano sfoggiando sorrisi e cenni di assenso, sui loro volti riusciva a scorgere, ben nascosta dalla finta ammirazione, tutta l’invidia che rodeva le loro anime: era tutto quello che aveva sempre desiderato. Un ghigno soddisfatto gli si dipinse sul volto.
I miei più sentiti ringraziamenti, Golan.

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