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martedì 28 agosto 2012

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Racconto con cui ho partecipato alla 24ore di agosto.
Nato come brano molto più lungo, per esigenze di spazio l'ho dovuto tagliuzzare qua e là, inficiandone la resa complessiva, mi sono ripromesso che, tra qualche giorno, ci lavorerò un po'e lo riproporrò in "versione estesa" e più godibile.



INDIETRO. A carnevale, ogni scherzo vale.

Martedì 14 Febbraio 2018
“…presenta la campagna contro la violenza sulle donne, il senatore Alexander Mac Kenzie.”
Non gli era mai piaciuto vedersi in televisione, la spense. Sullo schermo nero, l’ombra del suo riflesso lo fissava in silenzio.
“Ironia. Solo nel giorno in cui tutti indossano una maschera, io posso togliere la mia. ‘Il volto dell’America’, dicono loro, semmai la bugia dell’America, dietro cui ognuno nasconde ciò che non può essere.”
Si spostò sul balcone dell’attico e osservò la città.
Durante il mardì gras, non c’era al mondo posto migliore di New Orleans: nel delirio della festa, nessuno avrebbe notato il vero volto di un vecchio stanco.
Guardò l’orologio, erano quasi le otto. Prese dal comodino un mazzo di rose fresche e una piccola borsa.
“È ora di andare, finalmente, dall’unica persona che mi conosce per quello che sono”.

27 Febbraio 1990
“…tutto quello che sono lo devo a mio padre che mi ha insegnato cosa sia la giustizia. Ed è con giustizia che ho intenzione di servire il mio Paese, sempre. Dio vi benedica, Dio benedica l’America.”
Il neo-senatore scese dal palco tra gli applausi entusiasti della platea, scortato come sempre da Sean Pollack, capo del suo staff, e da Kevin Riley, capo della sicurezza.
- Sean, sono in ritardo, devo ancora passare a prendere le rose.
- Non preoccuparti, Mac, ci ho già pensato io, è tutto in macchina.
- E la borsa? Hai preso la borsa?
- L’ha presa Kevin, non l’ha lasciata nemmeno un secondo.
- Bravi, non so cosa farei senza di voi.
- E, Mec, gran bel discorso.

6 marzo 1984.
- Ehi, Juan, chi era quello?
Maria appoggiò la scopa alla parete del corridoio e si avvicinò all’infermiere.
- Come, non lo sai? È il deputato Mac Kenzie.
Il suo sussurrare ispanico gli dava sempre l’aria del cospiratore.
- Quello di “giustizia prima di tutto”?
- Proprio lui.
- E che ci fa qui?
- Eh, è una storia triste: viene qui tutti gli anni a trovare la donna della 137. Tu forse sei troppo piccola per ricordarti ma è stata anche sui giornali: il deputato e la 137 erano fidanzati da piccoli. Poi, un giorno di carnevale, erano a casa da soli, stavano giocando, lui le ha fatto uno scherzo e lei è impazzita. Si è buttata dalla finestra in un roseto, è quasi morta dissanguata e, come se non bastasse, ha cominciato ad autoinfliggersi altre ferite. Poi ha avuto una crisi ed è diventata muta.
- Non ti aspetterai che mi beva una storia così.
- La cosa curiosa è che non c’è stata neanche una denuncia: quando lo sceriffo è arrivato, la ragazzina non parlava e c’erano due testimoni che hanno confermato la versione del deputato, cioè, del ragazzo. Quindi, lei l’hanno mandata nel manicomio di New Orleans, lui invece ha deciso che avrebbe fatto il politico, sai, per aiutarla.
- Aspetta, è vero, quest’ultima parte l’ho sentita anche io.
- Sì, e sono anni ormai che al martedì grasso lui viene a trovarla e le porta i fiori. Finalmente un politico che fa quello che dice. Io l’ho votato, e lo voterò ancora.

19 Febbraio 1980
Il neo-deputato Mac Kenzie si chiuse la porta dietro le spalle. Rose era stesa sul letto, polsi e caviglie legati da spesse cinghie di cuoio rinforzate.
Gli infermieri dovevano averla sedata: era più tranquilla del solito. Le appoggiò sul basso ventre il mazzo di rose e lei ebbe un sussulto.
- Sì, tesoro, sono io. È martedì grasso, il nostro anniversario, sono venuto a trovarti.
Dalla borsa estrasse un vecchio calzino gonfio e glielo poggiò sul petto, una lacrima le rigò il viso.
Si avvicinò dolcemente, le scostò i capelli e le baciò le labbra, mentre la sua mano scivolava lenta verso i seni, coperti solo dalla sottile vestaglia di cotone.
Rose cominciò a singhiozzare, chiuse gli occhi e inarcò la schiena. Le rose le scivolarono tra le gambe e una spina le graffiò l’interno della coscia: una goccia di sangue colò lenta sulle lenzuola.

6 marzo 1962
Alex aveva il braccio dolorante, lasciò cadere a terra il calzino pieno di sabbia umida e prese a massaggiarsi la spalla.
- Avete visto? Aveva ragione mio padre, con questo non rimangono i lividi.
Sean e Kevin lo guardarono ammirati: essere amici del figlio dello sceriffo era proprio il massimo.
- Vi prego, basta. Vi giuro che non cercherò più di scappare.
Rose urlava tra le lacrime, i polsi legati con delle cinghie alla spalliera del letto. La pelle candida della schiena era solcata da profondi graffi, testimoni del suo fallito tentativo di fuga attraverso il roseto.
- Perché hai dovuto fare tanto la difficile? Era un gioco, uno scherzo. E tu volevi rovinare tutto.
- Scusa, non volevo, ma ora basta, lasciami andare, prometto che non dirò niente a nessuno.
- Sono sicuro che non dirai niente, altrimenti ti uccido. Poi a chi crederebbe la gente, alla puttanella pazza che si getta di schiena nei roseti o al figlio dello sceriffo?
Alex fece un cenno ai suoi due amici che afferrarono Rose per le caviglie e le aprirono a forza le gambe.
- Hai voluto scappare, quindi ti meriti un altro gioco, un altro scherzo, - continuò Alex slacciandosi i pantaloni, -perché a carnevale, ogni scherzo vale.

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