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venerdì 24 agosto 2012

Esodo

Racconto vincitore dello skannatoio 5 e mezzo, edizione regolare di Agosto 2012.

Le specifiche volevano che fosse ambientato nel 2013 e che, su una città a scelta (ma con almeno 50'000 abitanti), si abbattessero due piaghe: una tratta dalle 10 piaghe che Mosè ha scatenato sull'Egitto nella Bibbia, mentre un'altra inventata da noi.
Io ho tirato fuori questo dalla traccia. Buona lettura e spero che vi diverta come ha divertito gli altri partecipanti al concorso.

ESODO

1. Codice Genesi.
In principio era l’Insieme Universo, infinito e onnicomprensivo.
- Chiamatemi pure U - disse lui mettendosi in una posa da divo di una rivista per teenager.
- Un momento, cosa è una rivista per teenager? Non credo esista nulla del genere - pensò scrutando il nulla dentro di sé. È una gran seccatura l’essere onnicomprensivo eppure ancora vuoto.
Schioccò le dita e rivista per teenager fu.
I giorni seguenti passarono davanti allo specchio a studiare con Derek, suo nuovo consulente d’immagine, le espressioni e le posture per risultare bello, bello, bello in modo assurdo, in ogni situazione.
Salvo poi accorgersi che né gli specchi né, tantomeno, i giorni erano ancora stati creati. Per non parlare di Derek e della generica categoria dei consulenti d’immagine.
- Che palle, questo vuoto è incredibilmente seccante, devo sempre fare tutto io, mai un povero Cristo che mi dia una mano.
E fu così che nacquero il giorno e la notte, gli specchi, i consulenti d’immagine, Cristo, le mani e… le palle.

Milioni di anni dopo.


2. La tirannia dei numeri primi.
- Sono stanco di questa situazione, 208, qualcuno dovrebbe fare qualcosa.
- Che è successo ancora, marito mio?
- Quei bastardi dei numeri primi, non se ne può più, credono di poter fare tutto ciò che vogliono solo perché loro sono “gli eletti”, “la razza superiore”. Dovevi vedere il 157, quel maledetto, l’ho incrociato per strada oggi e non puoi immaginare: ha cercato di dividermi per 0. Davanti a tutti.
Una lacrima nervosa gli rigò il volto mentre la moglie cercava di nascondere un ghigno: quante volte a scuola aveva visto i numeri della squadra di football dividere per zero quelli della squadra di dibattito.
- Non ero mai stato tanto umiliato in vita mia. Ma chi ha deciso che ogni numero debba subire l’autorità di tutti i propri divisori? È una cazzata tanto quanto fare le moltiplicazioni dopo le addizioni.
- L’ha deciso il Farauno, stupido, sono 2013 anni che è così. E non urlare, se ti sentisse qualcuno passeremmo dei guai.
Il marito si lasciò andare sul tavolo, oppresso dalla rabbia e dal senso di impotenza.
- Suvvia, amore, a te non è andata nemmeno così male: sei il 314, soggetto solo all’autorità del Farauno, del numero 2 e del 157. Sei un numero importante.
- Smettila di vivere nelle tue illusioni populiste e fare tutta la gni gni gni, in città o sei primo o sei ultimo.
Uscì di casa sbattendo la porta.
Il grande 0 tramontava dietro le regolari colline sinusoidali mentre i suoi raggi, perdendosi tra gli edifici triangolari, delineavano il tipico skyline del quartiere pitagorico.


3. Il campanello suona sempre appena entri in doccia.
- Insieme Universo. Lo so che puoi sentirmi, rispondimi! Insieme Universooo.
314 proseguiva in quel cantilenante richiamo da giorni ormai.
- Ma chi è questo qui? Perché non la smette di strillare a quel modo? È una settimana che non mi lascia dormire, sto diventando pazzo.
U cacciò la testa sotto il cuscino per attutire il suono martellante di quella voce. Invano.
- Derek, fai qualcosa! Vai un po’a vedere cos’ha da urlare tanto.
Il consulente d’immagine rispose senza nemmeno aprire gli occhi.
- Agata è hmfndata a prendere i piccoli a scuola, non so, ma la baita è shfnicuramente ahnsnonfata.
- Derek!- gridò seccato Insieme Universo, - svegliati!
Il giovane sobbalzò finendo giù dal letto.
- Che cavolo. U, che c’è? Lo sai che svegliarmi così all’improvviso mi blocca i chakra. Poi faccio orrendi peti per tutto il giorno.
- C’è che il villico mi sta facendo impazzire, devi andare a vedere cosa vuole.
- Ma sta chiamando te, non me, vai tu a sentire cos’ha. Poi non posso mica uscire così, ho i bigodini e la maschera all’aloe. Assolutamente impresentabile.
- Ti prego, non voglio, fallo per me.
Derek alzò gli occhi abbozzando un sorrisetto compiaciuto.
- E va bene, sciocchino, ma poi non dire che non ti vizio.
E si avviò ancheggiando verso il balcone.


4. Joe rinunciò a usare la logica e si limitò a dir loro che poteva parlare con le piante, e che loro volevano l’acqua.
- Insieme universoooo, ti pregoooo, rispondiiii. Ti prego.
314 stava per demordere quando, d’un tratto, sentì una voce sopra la sua testa.
- Gioia bella, non puoi tenere sveglia la gente così per giorni. Tutto questo urlare fa molto “mercato del pesce”, non sta bene.
Il numero cadde all’indietro terrorizzato alla vista di quell’enorme faccia verde che occupava mezzo cielo.
- C-c-chi s-sei t-tu?
- Sono Derek, il compagno di U. Tu, piuttosto, chi sei e che hai da strillare tanto?
- S-sono 314, s-signore. D-dovrei p-parlare c-con l’I-i-ins-sieme U-u-niverso.
- Sì, tesoro, questo si era capito, ma cosa vuoi da lui? E, sentimi, smettila di balbettare, io mangio solo prodotti da agricoltura bio, quindi non temere, non ti mordo.
Il numero di parole al secondo che quella faccia gli sparava addosso aveva dell’incredibile: 314 era stordito.
- Beh, signor Derek, la situazione quaggiù è critica, c’è bisogno di Lui, non è che potrebbe, non so, chiamarmelo?
- Aham.
- Intendo, subito.
- Aham.
Il faccione all’aloe continuava a fissare il numero, annuendo con aria interessata.
- Mi ha ascoltato?
- Ma cccerto che ti ho ascoltato, per chi mi hai preso? Stavi dicendo che lì giù la situazione è tragica perché non avete le coltivazioni bio, è proprio un dramma. Ma io non ci posso fare nulla, tesoro.
- No, cioè, con tutto il rispetto, non credo tu abbia afferrato. Dicevo che la situazione a livello socio-politico è diventata insostenibile, bisogna fare subito qualcosa.
- Aham. È interessantissima ‘sta cosa.
- Qualcosa come chiamare U!
- Aham.
314 tentò di spiegare nuovamente la situazione a Derek ma, dopo altri due tentativi a vuoto, optò per cambiare strategia e cominciò a far finta di piangere.
- Derek, posso darti del tu, vero?
- Ma certo tesoro, ormai siamo super amici super forever.
- Ho un problema.
- Oddio, che è successo?
- Su questo mondo non c’è la frutta bio.
- Ma, scherzi? Non c’è la frutta bio?
- No, ti giuro, neanche l’ombra, tesoro. Il problema è che io non so cosa fare, sono disperatissimo. Non ce la posso fare: senza la mia macedonia bio mi si blocca tutto l’intestino e poi non riesco a essere regolare.
A quel punto, Derek provò un tale livello di empatia che cominciò a piangere e rispose tra le lacrime:
- Ascolta gioia, io forse ho la soluzione al tuo problema, cioè, non ti prometto nulla eh, ma forse il mio ragazzo può fare qualcosa, sai, lui è in quel ramo. Proverò a chiedergli, tu aspettami qui.
L’enorme viso sparì nel nulla come era apparso, lasciandosi dietro solo un lieve odore dolciastro.


5. La goccia che fa traboccare il vaso può essere la stessa che buca la pietra?
- Basta! Non ne posso più! Prima quello che continua a chiamare, ora tu che continui a rompermi le palle con ‘sta cazzo di frutta bio.
L’Insieme Universo era pronto a inventare il mitra e fare una strage in un supermercato. Si trattenne solo per non dover inventare anche i supermercati, le cassiere, la clientela e quant’altro. Lo irritava soprattutto l’idea dei salumieri, con quei sorrisi ammiccanti e il rito del “sono due etti un po’abbondanti, lascio?”.
- Ma almeno lo sai che cosa significa che la frutta è bio?
- Certo, vuol dire che fa bene al corpo. Viene dal latino, è il nome di un paese del Sudamerica dove non si ammala mai nessuno.
- Ok, - U non ebbe forza di volontà sufficiente a controbattere - ma perché fa bene?
- Perché è bio. Bio fa bene al corpo.
- Sì, ma perché bio fa… oooh, uffa! Lasciamo perdere. Hai vinto: se vado a sentire cosa vuole questo 314, prometti che poi passiamo una serata tranquilla senza frutta bio?
- Oh, amore, sei sempre il migliore.
U non poté non notare che Derek non aveva detto “sì”, ma non aveva le forze per continuare quella discussione e si avviò ciondolante verso la balconata.


6. Il Pianista.
- Stai scherzando?
- Sto qui da due settimane a gridare e aspettare come un cretino, ti pare io abbia voglia di scherzare?
314 era talmente esasperato che non riservò all’Insieme Universo il tono di deferenza forse dovuto.
- Ma Derek mi aveva detto che…
- Derek ha capito quello che voleva capire! Ho forse l’aria di uno che mangia frutta bio? Ma ora possiamo, per favore, parlare del mio problema?
- E va bene, sentiamo cosa c’è di tanto urgente e importante da farmi interrompere tutte le mie infinite attività.
- I numeri primi, Insieme Universo, contravvengono alle vostre regole rendendo un inferno la vita di tutti.
- Fanno le addizioni prima delle moltiplicazioni?
- No, Signore, intendo quell’altra regola.
- Usano dei minuendi minori dei sottraendi?
- E che cazzo, no! Quella che ci avete creati tutti ugualmente importanti. Loro invece ci hanno resi schiavi.
- Ah, quella regola.
L’Insieme Universo roteò gli occhi scavando nella memoria alla sua ricerca. Essere onnicomprensivi aveva i suoi lati negativi: in mezzo al Tutto non era facile trovare alcunché, soprattutto le chiavi della macchina, ma anche le regole mai usate si stavano dimostrando un brutto cliente. Decise di prendere tempo.
- Beh, certo è molto grave…
- Esatto, è quello che dico anch’io, dovete fare subito qualcosa, non si può perpetrare questo ciclo d’impunità.
314 si sentiva ormai vicino alla soluzione del problema: ora che l’Insieme Universo lo stava ascoltando, le cose sarebbero andate finalmente per il verso giusto.
- Sì, sono d’accordo, qualcosa faremo.
U ancora non riusciva a trovare quella maledetta regola, non gli rimaneva che fidarsi di quel piccolo numero.
- Allora? Mio nuovo, giovane e tediante amico, hai qualche idea?
- Idea? Io? No, sei tu il pezzo grosso, io voglio solo essere libero, non mi interessa nient’altro. Credevo che tu avessi tutta una serie di strumenti e soluzioni per ogni problema. Che ne so, un manuale del “perfetto Insieme Universo” o cose così.
U si illuminò a quelle parole:
- Aspetta, forse mi è venuta in mente una cosa. C’è un mio amico d’infanzia che non vedo da tanto, si era trasferito per colpa della crisi, sai, non c’era lavoro e ha deciso di mettere su un’attività tutta sua in un angolo di Nulla in cui non c’era ancora molta concorrenza. Era un genio nel trovare soluzioni creative ai problemi, poi sapeva farsi rispettare. Qualche secolo fa mi ha mandato una copia di un romanzo ispirato alle sue disavventure, magari lì troviamo qualche idea utile.
Si rimise a cercare in sé. Dopo alcuni minuti di sguardi imbarazzati ed “eppure sono sicuro che l’avevo messo qui”, U tornò in casa.
- Derek, hai mica visto  quel libro che mi aveva mandato il mio amico qualche secolo fa?
- Secondo ripiano della cucina, ma fai piano a sollevarlo che lo stavo usando per tenere pressate le foglie che ho raccolto in giardino.
- Non c’è, ho appena guardato.
- Guarda meglio, sono sicuro.
- Se ti ho detto che non c’è, vuol dire che non c’è. Non è che non sono capace di cercare un libro in un metro quadro.
Derek arrivò sbuffando e sbattendo i piedi, salì su una sedia e, dopo meno di due secondi, sbatté in mano a U un pesante tomo rilegato in pelle.
- E questo cos’è?
- Ma, cioè, non è possibile. Che diavolo di stregoneria è mai questa? Da dove l’hai preso?
Il modello si limitò a sbuffare nuovamente uscendo dalla stanza a passo spedito.
Insieme Universo, ancora incredulo, tornò sul balcone.
- Ok, trovato, vediamo se qui c’è qualcosa che fa al caso nostro.
Cominciò a scorrere rapidamente l’indice mormorando incomprensibilmente i titoli dei vari capitoli e alzando lievemente il tono su quelli che gli sembravano più interessanti. Dopo una dozzina di voci poco convincenti:
- Senti qui, 314, “liberazione del popolo eletto: Mosè e le 10 piaghe d’Egitto”, sembra fico.
- Uhm, non so chi sia questo Mosè, ma la faccenda delle piaghe merita sicuramente un po’di attenzione.
U appoggiò il libro su di sé e, in un attimo, il contenuto di quella storia gli fu noto. Strabuzzò gli occhi osservando il suo piccolo amico.
- Tu non hai idea…
- Di cosa?
- Di quanto sia stato ispirante questo episodio. So esattamente come procedere, fidati!
314 era nervoso: la faccenda aveva qualcosa che non lo convinceva. Soprattutto il “fidati”, gli sembrava tanto il preludio a un disastro di proporzioni epiche. Scacciò quel pensiero nascondendosi dietro un “è il nostro creatore, se non lo sa lui cosa bisogna fare”.
- Il Piano è questo: tu andrai dal Farauno nel mio nome e gli ordinerai di lasciare liberi te e tutti i numeri naturali non primi, altrimenti io manderò su di lui le mie piaghe! Poi, quando vi lascerà andare, io vi concederò la Terra Promessa.
- Mi sembra un po’semplicistico come piano. Non ci vorrebbe, forse, una maggior cura per i dettagli?
- Hai ragione, tu non sei credibile come profeta intimidatore, dovrai imparare a memoria delle frasi che ti dirò io, poi bisognerà lavorare un po’sul tuo look, darti un po’di spessore estetico. Deeeereeeek.


7. La faccenda sta prendendo una brutta piaga.
- Niente, non ha funzionato. E ho fatto pure la figura del cretino: avresti dovuto sentire come ridevano di me. E dire che mi ero rivolto a te per smettere di dovermi sentire così, quasi preferivo quando i bulli mi dividevano per 0.
314 era tornato dall’Insieme Universo con le pive nel sacco e il morale sottoterra.
- Hai detto le parole magiche?
U lo osservava dall’alto di tutta la sua onnicomprensività.
- Certo che le ho dette.
- E le hai dette giuste?
- Clatoo, Verata, Nicto. Le ho dette giuste le tue cavolo di parole.
- Benissimo, il Farauno e il suo regno di terrore hanno le ore contate.
- Ma, mi ascolti quando parlo? Ti ho detto che non è successo niente.
- Appunto, non doveva succedere nulla, così il faraone si sarebbe impuntato e non avrebbe ottemperato alle tue richieste. Ora, finalmente, posso scatenare le piaghe, è da quando ho letto questo capitolo che ho voglia di farlo.
- Cioè, fammi capire, tu mi hai fatto andare lì a diventare lo zimbello della città infinita solo per…
- Era un passaggio assolutamente necessario, non puoi capire, cose da divinità.
- Voglio morire. Vi prego, uccidetemi.
314 si accasciò a terra ancor più demoralizzato. Per uno come lui, positivo per definizione, essere in quello stato d’animo era quasi un controsenso.
- Dai, su con la vita, quando vedrai quello che ho preparato ti tornerà il sorriso. È il momento della riscossa, 314, il Piano prosegue, presto il Farauno sarà sconfitto, tu e gli altri numeri naturali non primi ve ne andrete da Fibonacci e sarete finalmente liberi, con tutto ciò che questo comporta. Alzati dalla polvere e guarda qui tutte le piaghe che ho preparato mentre tu giocavi a fare il profeta.


8. Lo senti? Lo senti l’odore? Napalm figliuolo, non c’è nient’altro al mondo che odori così, mi piace l’odore del napalm di mattina…
- Sei sicuro che scatenarle tutte insieme non sia pericoloso?
314 sentiva la tensione, avevano rivisto il Piano un migliaio di volte nelle ultime ore, avevano fatto modifiche, contromodifiche, modifiche alle contromodifiche. Alla fine avevano deciso che era perfetto. L’ansia del momento, tuttavia, faceva sorgere un’infinità di dubbi che crescevano dentro di lui ogni istante di più.
- Che pericolo vuoi che ci sia? Andrà tutto bene, ne sono sicuro, fidati!
Ancora il “fidati”, quella parola aveva dato il colpo di grazia alla sua già esigua razionalità anti-scaramanzia.
- Ecco, l’hai detto, ora andrà tutto a rotoli, me lo sento. Me lo sentoooo.
- Smettila di fare la femminuccia e guarda là sotto, è ora.
L’aurora cominciava a farsi strada da dietro i Monti Cosinusoide, il tenue bagliore dell’alba cominciava a rischiarare il cielo nero, restituendo alla pianura le forme e i contorni smarriti nella notte. Il fiume Nash scorreva placido, la superficie appena increspata dalla leggera brezza che soffiava da nord: non si riusciva a scorgere nessuna avvisaglia di quanto stava per accadere.
- È tutto predisposto, non possiamo far altro che attendere e osservare la nostra creatura prendere forma. Stai tranquillo 314, queste piaghe hanno già funzionato nel mondo del mio amico, andranno benissimo anche qui.
U sembrava ottimista, quel giorno era come una vacanza per lui, il primo bagliore di diversità ed emozione da secoli: era eccitato come uno scolaretto.
- Guarda, guarda. Il riflesso del fiume è diventato rosso, in perfetto orario. Te l’avevo detto di non preoccuparti.
314 non riusciva a fare null’altro che osservare la città, si dimenticava persino di respirare da svariati secondi ormai: il suo brutto presentimento continuava a crescere.
- Ed ecco le zanzare, farle arrivare dal fiume a bordo di zattere è stata una trovata geniale, amico mio, nessuno potrà vedere la nube da lontano. Uuuuhh, guarda là, si vedono anche le mandrie, che spettacolo questi buoi. Ero un po’scettico quando abbiamo dovuto inventarli per poter realizzare le piaghe quinta e sesta ma, a vederli così maestosi, credo ne sia proprio valsa la pena. Prendi il binocolo, si vedono tutte le mosche sulle loro schiene, che piano geniale, siamo invincibili!
- Già, davvero fantastico.
- Ehi, ehi, guarda anche là, si stanno avvicinando anche le nuvole, si vede proprio che sono cariche: sarà una grandinata coi fiocchi. Nota anche come l’ombra che fanno nasconde lo sciame di locuste, se non sai che c’è mica lo vedi. Lo vedi?
- Sì, Insieme Universo, lo vedo. Smettila di ripetermi tutto passo passo, c’ero anche io quando abbiamo elaborato il Piano, lo so cosa devo guardare. Il tuo entusiasmo è irritante, stai zitto un po’.
- Certo che sei proprio antipatico.
I due si chiusero in un silenzio offeso e ripresero a scrutare la pianura.
Una decina di minuti più tardi tutte le truppe raggiunsero le loro posizioni, il tempo di un respiro profondo e l’attacco ebbe inizio.


9. La prima legge di Murphy.
Fu chiaro sin da subito che qualcosa non stava andando come sperato: sarebbe dovuto cominciare tutto con centinaia di sciami di zanzare in decollo dalle zattere sul Nash. Il ronzio era forte, come se il piano stesse procedendo, ma, nell’aria, nessuna di loro.
314 abbassò il binocolo sul fiume, il panico gli stava dilaniando il petto.
- Lo sapevo, lo sapevo. Sta già andando tutto a puttane.
L’immagine lo fece rabbrividire: milioni di quegli insetti che, invece di decollare, infilavano i loro lunghi pungiglioni nelle acque di sangue del fiume e succhiavano come indemoniate. Le osservava ingrossarsi a vista d’occhio mentre, le poche ancora dedite al Piano, cercavano di spronare le altre a decollare alla volta della città. Mano a mano che quelle legioni divennero troppo sazie per continuare a bere, si ricordarono del loro dovere e cercarono di prendere il volo ma, appesantite com’erano, ogni tentativo fu vano. Optarono allora per attaccare da terra, sbarcarono sulle rive del fiume e cominciarono a marciare, pesanti, verso la città.
- Dai, hai visto? Non arriveranno volando, ma, vabbè, per la supremazia aerea abbiamo ancora mosche e locuste, senza contare la grandine. Poi guarda come sono grosse ora, sembrano noci con le ali, a terra ci daranno un vantaggio incredibile: non tutto il male vien per nuocere.
Insieme Universo cercava di tenere alto il morale mentre, in perfetto orario sulla tabella di marcia, le rane cominciarono a sciamare fuori dal fiume. Il loro comandante doveva averle motivate all’estremo: attaccarono la riva con una ferocia inaudita, caricando senza paura lungo la lingua di terreno che le separava dalle mura di Fibonacci. Contrariamente ai piani, però, le rane si ritrovarono davanti le zanzare a bloccar loro la carica. L’avanguardia anfibia, spinta dalle file dietro, non riuscì a fermarsi e cominciò a travolgere la retroguardia dittera, i cui corpi cominciarono a esplodere imbrattando la sabbia umida di sangue e interiora. Le rane, attirate dall’odore di quel bendidio, smorzarono la carica e presero ad avventarsi fameliche sulle zanzare: le lingue saettavano tra i ranghi, a ogni sferzata catturavano insetti a manciate.
- Oh, merda. Dai, sono sicuro che sugli altri fronti le cose stiano andando a gonfie vele.
314 era rimasto completamente rapito dall’orrore della scena, si ridestò alle parole di U e trattenne un conato di vomito prima di spostare il binocolo verso il battaglione di bestie cornute.
- E no, cavoli, ma non potevi dar loro da mangiare prima della battaglia?
Gli gnu si erano fermati su un prato a poca distanza dalla città e, pacificamente, si erano messi a brucare.
- Erba? E come cavolo te lo immagini che bestie del genere mangino erba? Pensavo mangiassero, che ne so, avventurieri, eroi, numeri primi. Guardale in faccia, dai, con un muso così ti aspetti che comincino a sputare fuoco, non a mangiare erba.
- Non mi interessa di cosa t’immagini, sei onnicomprensivo, avresti dovuto saperlo!
- Eh, sì, ma ho guardato la figura, la cosa che mangiano l’erba sarà stata scritta in piccolo, da qualche parte di assolutamente invisibile. Non è colpa mia. E tanto ormai arrivano le locuste: in pochi secondi non ci sarà più erba e le nostre bestie dovranno ricominciare a muovere verso la città. Per forza.
314 rimase in silenzio, si limitò a spostare nuovamente il binocolo verso lo sciame di ortotteri che era uscito dal cono d’ombra delle nuvole e volava rapido verso l’obiettivo.
Per una volta, U sembrava averci azzeccato, in pochi istanti arrivarono sui campi a ridosso della città e cominciarono il loro vorace lavoro. Mano a mano che queste consumavano il verde, gli gnu ripresero la loro avanzata. Finalmente qualcosa che sembrava andare quasi per il verso giusto.
- Ancora una cinquantina di metri e arriveranno alla linea di decollo delle mosche, da lì in poi sarà fatta.
U lo diceva sempre: “noi non crediamo nella sfortuna”. In quel preciso istante, a 314 parve di sentire la sfortuna che rispondeva: “ma io credo in voi”.
Le locuste erano momentaneamente ferme, tutte intente a divorare qualsiasi traccia vegetale dalla terra, gli gnu le seguivano a breve distanza da sud. D’un tratto un muggito squarciò l’aria, seguito da un altro, poi un altro ancora: in pochi istanti tutta l’enorme mandria stava levando il proprio grido al cielo.
- Ecco, che ti dicevo? Sono feroci bestie votate al massacro, ascolta il loro grido di guerra. Sento già odore di vittoria.
314 spostò lo sguardo dallo sciame alle bestie.
- No, c’è qualcosa che non va, sembrano imbizzarrite.
I movimenti secchi dei bovini fecero decollare le mosche che, spostandosi, lasciarono liberi alla vista i manti lucidi degli animali. Il numero non riuscì a trattenere il ribrezzo: quei corpi, fino a qualche istante prima solidi e possenti, erano ora percorsi da profonde spaccature sanguinanti e ulcere purulente. Nonostante la distanza gli pareva di sentirne il puzzo sul palato, ma mantenne lo sguardo fisso su quella scena. Dopo pochi secondi, le mosche, attratte dall’odore delle carni aperte e della cancrena, tornarono in massa sui corpi degli animali e si gettarono voraci sulle piaghe aperte: divoravano a piccoli morsi quegli animali, allargando sempre più le spaccature mentre le femmine, con gli addomi gonfi, vi si gettavano per deporre le uova.
Le bestie cominciarono a correre all’impazzata per il dolore, ognuna in una direzione diversa, fu il caos.
- Oh, merda, hanno temporeggiato troppo. Questo sarebbe dovuto succedere a ridosso delle porte della città. Non passerà molto prima che cadano a terra morti. Nei miei piani le carcasse avrebbero dovuto intasare le strade e spandere puzza e malattia.
- Lasciami perdere, tu e i tuoi piani del cazzo. Avrei dovuto far escogitare tutto a Derek, ritardo mentale per ritardo mentale, almeno lui fa ridere.
Per la prima volta U non rispose. Si limitò a chiudersi nella propria imperscrutabilità a osservare gli eventi precipitare in maniera irrecuperabile.
Gli gnu cominciarono a cadere morti, schiacciando sotto i propri corpi decine, centinaia, migliaia di locuste. Nel frattempo le rane, ormai completamente disinteressatesi dell’assalto alla città e in preda a una sindrome da fame ossessivo-compulsiva, deviarono verso i campi, attratte dalla prospettiva di un goloso banchetto croccante: tutta un’altra consistenza rispetto alle scialbe zanzare.
L’orda anfibia si abbatté su quei campi con cieca ferocia, non fece distinzioni tra mosche e locuste, tra vivi e morti. In meno di dieci minuti, 314 vide entrambi gli sciami di insetti venire falcidiati da quelle sempre più obese tritarifiuti fluviali. Alla fine del baccanale, le rane erano così gonfie da sembrare delle palle, la loro pelle così tesa e tirata da risultare trasparente: le poche che ancora si muovevano, lo facevano rotolando sospinte dal vento e da qualche irregolarità del terreno.
Un tuono fece tremare l’aria:
- Sai a cosa ci importa della grandine ormai, le colture sono state già in buona parte distrutte. Vetri rotti e tegole sfondate non serviranno a nulla senza gli insetti che vi si infilano.
La Malasorte, come a voler riconfermare ulteriormente la genialità del proprio piano, cominciò a far grandinare sopra le rane. I chicchi appuntiti si abbatterono sugli anfibi come uno stormo di spilli su dei palloncini gonfi allo spasmo. L’aria cominciò a scoppiettare come se qualcuno avesse messo sul fuoco un’enorme pentola di popcorn: corpi semidigeriti di zanzare, mosconi e locuste si mischiarono ai chicchi di grandine e alle interiora delle rane, in un’enorme granita al gusto schifo che prese ad accumularsi nella pianura antistante l’infinita città di Fibonacci.
- Beh, U, forse hai ragione, guardiamo il lato positivo: questa è la cosa più schifosa che io abbia mai visto, e sta circondando tutta la città. Quando il Farauno la vedrà forse si convincerà a lasciarci andare, io mi farei convincere da una visione del genere.
- Ooooh, questo è lo spirito giusto, finalmente dimostri un po’di fiducia, te l’ho detto io che alla fine le cose si sarebbero sistemate in un modo o nell’altro. Andrà tutto bene.
Un’altra fitta colpì il povero 314 su quell’ennesimo guanto di sfida lanciato alla Sorte, che si sfregò le mani sorridendo sorniona, pronta a decorare la propria torta con la proverbiale ciliegina.
Lo 0 stava ormai spuntando da dietro le colline del coseno, i suoi primi raggi si abbassavano sulla pianura alla granita mentre la città cominciava a destarsi, pronta a godersi lo spettacolo. All’improvviso, la luce cominciò ad attenuarsi, U e 314 si voltarono verso lo 0 e ricordarono: per non dare alla città la possibilità di reagire efficacemente all’invasione, avevano programmato per l’alba la piaga dell’oscurità. Era l’apoteosi del loro fallimento, l’emblema della resistenza al cambiamento delle tradizioni radicate.


10. “Il codice è più che altro una sorta di traccia che un vero regolamento.”
- Tesoro, hai una visita, alzati.
Derek aprì la porta della camera degli ospiti, U ci si era barricato da una settimana ormai: il fallimento delle piaghe gli aveva scaraventato il morale sottoterra.
- Ma senti che puzza di crema per l’acne andata a male che c’è qui dentro, fammi aprire la finestra.
- Noooo, vattene, non voglio niente, lasciami in pace.
- Poche storie, è una settimana che piangi e ti disperi come un personal trainer davanti al menù di un fast food, ora basta! E alzati, che è venuto un tuo amico a trovarti.
Il modello scostò i pesanti tendaggi e spalancò finestra e imposte: una vampata di aria gelida e di salubri raggi solari invase la stanza.
- Chiudi subito! Sei pazzo? Ho detto vattene!
U si tirò il lenzuolo sopra il volto, ma Derek era più che mai determinato a porre fine a quello scempio. Si avvicinò al letto e, con uno strattone, tolse le coperte dal suo compagno e se le appallottolò in mano.
- Bene, ora, a meno che tu non voglia morire congelato, ti conviene alzarti e darti una sistemata, ti ho detto che hai un ospite.
U voleva sfogarsi ma non voleva subire le ripercussioni di Derek, gridò quindi degli insulti in codice binario, sicuro che non sarebbe mai stato compreso. Rimase a letto ancora per qualche minuto, fermo nella sua testardaggine, ma alla fine, infreddolito e tremante, non ebbe altra scelta che alzarsi e infilarsi una tunica pesante. Uscì dalla stanza pallido ed emaciato, percorse il corridoio ed entrò in cucina: visto che si era alzato, tanto valeva mangiare qualcosa.
Appena entrato, sentì dalla sua destra provenire una voce familiare:
- Ciao, U, quanto tempo.
Jehovah, con le mani incrociate sulla sua tunica bianca, lo guardava serafico.
- Derek mi stava giusto aggiornando sui tuoi esperimenti con piaghe e disastri naturali.
- J, che bello vederti- Insieme Universo era appena tornato di buonumore, - tu che ci fai qui?
- Mi ha chiamato la tua dolce metà che, a proposito, fa dei dolcetti buonissimi; mi ha detto che hai avuto qualche guaio con la replica delle mie piaghe d’Egitto e che ti eri depresso. Sono venuto appena ho potuto e, purtroppo, non posso restare molto. Siamo in piena Apocalisse nel mio mondo e ci sono un sacco di sciagure da orchestrare.
- Certo, capisco. Beh, allora veniamo subito al dunque: perché le mie piaghe non hanno funzionato? Erano tali e quali a quelle descritte nel tuo libro.
- Ora ascoltami bene, ti insegnerò alcune regole basilari che ho imparato con l’esperienza: prima di tutto parliamo della Sfortuna, Malasorte, Sfiga, Murphy. Ha molti nomi ma è sempre la stessa cosa. Non puoi pensare di fare nulla di importante senza averla interpellata e aver ottenuto il suo benestare. Il suo potere è troppo grande anche per noi, combatterla non servirà ad altro che a farti sentire un idiota impotente. Quindi chiedi sempre il suo parere prima di muoverti. Se non sai dove sia, tu limitati a sfidarla, vedrai che si farà viva lei.
- Maledetta, ho sentito qualcosa quel giorno, ma non sapevo di questa “Sfortuna”, ci farò una chiacchierata al più presto.
- Bravissimo, seconda regola: non puoi cominciare il tuo impegno attivo nel mondo con un piglio bonario e democratico. Lo so, è una seccatura, ma funziona così. Anche io ho cominciato bene creando un modo idilliaco e dando alle mie creature tutto quello di cui avevano bisogno, ma loro se ne sono approfittati e hanno contravvenuto all’unica regola che gli avessi dato. Lì ho capito che a essere buoni finisci sempre fregato, bisogna partire crudeli, impositori, dittatoriali e vendicativi: manda qualche piaga, allaga il mondo di tanto in tanto, fai cadere piogge di fuoco e zolfo sulle città che non seguono alla lettera le regole, appositamente contraddittorie, che avrai dato. Poi scegli qualche tuo prediletto e permettigli tutto quello che gli pare, persino di contravvenire alle tue regole. Oppure non permettergli niente e rendigli la vita un inferno.
- Uhm, mi piace questa parte, credo proprio che potrei farlo. Che altro?
- Prometti alla tua gente delle ricompense, ma non dare informazioni precise su quando o come gliele darai: sii vago, con questo trucco li terrai sulla corda per secoli.
- Interessante. Ti prego, continua.
- Una cosa importantissima è: non permettere mai, e dico mai, a nessuno di dubitare di te. Chi dubita va punito, severamente! E con lui anche tutto il popolo, così che chiunque si permetta di farlo di nuovo non avrà bisogno del tuo intervento, la sua stessa gente provvederà a punirlo. Poi ci sono anche altre dritte che, però non ti serviranno tanto presto, ti prometto che tornerò a trovarti e ne riparleremo prima che tu abbia finito la “fase vendicativa” del tuo regno. Per il resto puoi sempre prendere spunto dal mio libro.
- A proposito del libro, avrei un paio di cose da chiederti.
- Dimmi pure, ma fai in fretta, tra un’ora ho un’apparizione e devo ancora farmi tutta la strada.
- Come faccio a seguire il tuo manuale se nemmeno capisco le cose che ci sono scritte? L’altro giorno ho usato solo nove piaghe perché la decima non sono riuscito a decifrarla: cosa cavolo sono i primogeniti?
Jehovah scoppiò a ridere.
- Hehe, devi capire, caro U, che il mio romanzo non è un manuale da seguire alla lettera, è più che altro una traccia. Usalo per prendere spunto, ma mettici sempre del tuo, adatta le idee al tuo mondo e falle funzionare. Per esercitarti, ti lascio un compito: pensa alla mia decima piaga e, partendo da quella, inventane una tutta tua, non lesinare su spettacolarità ed effetti speciali, quindi falla abbattere sulla città e libera il popolo schiavo. Poi ricordati di dar loro delle regole e comincia un nuovo corso con punizioni a caso. Vedrai, sarà persino divertente guardarli barcamenarsi tra regole improponibili e situazioni assurde.
- Ok J, grazie, mi metterò subito al lavoro.
- U, è stato bello rivederti, ma ora devo proprio scappare, non facciamo passare altri milioni di anni però, vediamoci un secolo di questi. Ok?
- Volentieri, magari la prossima volta veniamo a trovarti io e Derek, così per ricambiare la cortesia. Intanto ancora grazie della visita e, soprattutto, delle dritte. Le seguirò sicuramente.


11. Ezechiele 25:17
Il cielo divenne nero, le nubi si addensarono sulla città infinita come un conglomerato di cattivi presagi. Nell’aria rombò chiara una voce.
“il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi.”
Nella cortina si aprirono miriadi di microscopici fori, da ognuno filtrava un singolo raggio di luce. Quei fili luminosi tagliavano il buio, andando a colpire ogni singolo numero primo esistente.
“Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti.”
Un raggio più grosso, di colore azzurro, si diresse su 314. Trasfigurato dalla luce divina, cominciò a fluttuare nell’aria fino a ritrovarsi in verticale sopra il Palazzo del Farauno: tutti gli occhi erano puntati su di lui.
“E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli.”
I raggi sottili brillarono più intensamente e i numeri primi vennero come immobilizzati e trascinati a mezz’aria, fluttuanti nel cielo, dove tutti potessero vederli.
“E tu saprai che il mio nome è quello di U quando farò calare la mia vendetta sopra di te.”
Le nuvole sopra il palazzo Faraunico si aprirono e, in mezzo al cielo, apparve un’enorme U azzurra che cominciò a crepitare e sfrigolare, sempre più forte, come se dovesse esplodere da un momento all’altro. D’un tratto, in un boato, infinite scariche di elettricità azzurra scattarono dalla lettera perdendosi nelle nuvole. In meno di un istante, quelle stesse scariche, scesero dal cielo seguendo i fili luminosi e andarono a colpire tutti numeri primi. L’odore di bruciato si diffuse immediatamente su tutta la città mentre i corpi dei peccatori precipitavano a terra senza vita. 314, invece, planò dolcemente, come cullato dal fascio di luce azzurra, atterrando nella piazza principale con milioni di occhi ancora puntati addosso.
U osservava la scena dal balcone di casa, sorseggiando un tè alla pesca ghiacciato assieme a Madama Sfortuna.
- Come sono fico, eh?


12. “Adoro i piani ben riusciti.”
- Ma, U, lo sai che J aveva proprio ragione?
- Che cosa intendi, Derek?
- Che è proprio forte stare qui alla finestra a spiare le vite di tutta questa gente. Credo che potrei farlo per tutto il giorno.
- Anche io, meglio delle tue stupide soap della tv. Questa è realtà.
- Certo, forse è stato un po’cattivo obbligarli a lasciare la città, far loro attraversare il Mar Ramsey per poi lasciarli a vagare senza meta nel deserto.
- È vero ma, che ti devo dire? J ha detto che la loro arroganza andava punita in qualche modo e che devo sapermi far rispettare. Che ne dici? Aspettiamo ancora un po’a dar loro le nuove regole? Vederli brancolare nel buio senza capire il perché di queste punizioni è troppo divertente.
- Non saprei, però sai che pensavo? Una volta a settimana potresti fargli fare delle prove e, se le superano, dar loro una regola come premio.
- Dovrebbero farci un programma televisivo su un’idea del genere.
- E magari metterlo al lunedì sera che i locali son tutti chiusi, così abbiamo qualcosa da fare.
- Maledetti lunedì sera, è arrivata anche la vostra ora.

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